Prandelli e Italiano, due generazioni a confronto secondo Ludwigzaller
Lo scontro di venerdì mette di fronte due allenatori che hanno sempre creduto in un calcio coraggioso e vincente. Da un lato c’è Cesare Prandelli, che come allenatore della nazionale lanciò una vera e propria campagna a favore di un cambio di mentalità dell’Italia. Dall’altro Vincenzo Italiano, secondo il quale la squadra deve essere composta di “undici registi che giocano a testa alta”. A separarli è un dato generazionale. Prandelli fa l’allenatore dal 1993 e ha ottenuto i suoi successi alla Fiorentina tra il 2005 e il 2010. Italiano dopo esperienze nel calcio dilettantistico arriva al Trapani nel 2018. Questa è la sua prima annata in serie A. Vincenzo Italiano, che di ruolo era un regista, ha avuto Prandelli come allenatore. Era uno di quei registi ordinati e intelligenti che sono sempre piaciuti a Cesare. Li chiama “geometri”.
Il 30 luglio 2008 si giocava a Firenze un’amichevole per celebrare Artemio Franchi. La Fiorentina di Prandelli era arrivata l’anno prima quarta in campionato, conquistando la qualificazione in Champions. Sulla panchina del Barcellona sedeva invece un esordiente senza esperienza, tal Pep Guardiola, cui era stata affidata la prima squadra dopo fortunate esperienze con la squadra B. Il Barcellona vinse 3-1, nel clima sereno e amichevole di quella serata il risultato contava poco. Prandelli e Guardiola si abbracciarono, ma il calcio stava cambiando.
Anni dopo la Nazionale di Prandelli si trovò di fronte la nazionale spagnola di Del Bosque, che riprendeva schemi e giocatori dal Barcellona di Guardiola e non aveva il delantero, cioè il centravanti, con grande sorpresa e sdegno dei giornalisti e degli esperti di calcio spagnoli. L’Italia non fu mai in partita e perse 4-0. Interrogato sulle qualità di questo nuovo calcio, Roberto Mancini disse: sì, a Barcellona questo calcio ha funzionato, ma perché Guardiola ha Messi e altri grandissimi giocatori. Fuori dalla Catalogna è inapplicabile. I fatti avrebbero dimostrato il contrario. Le concezioni di Guardiola, applicate dalle nazionali spagnola e tedesca, fruttarono due titoli mondiali.
Una nuova generazione di allenatori stava affluendo nella scuola di Coverciano, dove anche Prandelli si era diplomato. Quei giovani aspiranti leggevano nel libro di Guardiola come Dante nella Bibbia e in Aristotele. Si chiamavano Montella, Di Francesco, più tardi De Zerbi e Italiano. Ultimo esemplare di quella razza di tecnici, Italiano ha preso una squadra il cui valore complessivo è pari a quello del solo Chiesa e l’ha portata in alto. Italiano non cerca un possesso palla totalizzante, preferisce studiare l’avversario, trovarne i punti deboli e colpire. Ma quando decide di attaccare lo Spezia scatena una tempesta capace di mettere in crisi navigatori esperti come Pioli o Gattuso. In certi casi il gioco spagnolo è lento e compassato, i giocatori dello Spezia corrono come dannati.
Ma allora è finita? Siamo condannati alla sconfitta? Non è detto. Lo Spezia rischiando incassa spesso gol ed è formato da giovani inesperti. La vittoria ci serve e possiamo ottenerla. Il calcio di Italiano va comunque osservato con molta attenzione, in vista del prossimo anno.
di Ludwigzaller
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Ludwig