In un calcio sperimentale sono possibili le previsioni?
Il passaggio dalle scuole superiori all’università può essere sconvolgente o salvifico, a seconda di come si concepisca il diverso approccio epistemologico dei due ordini di scuole. Nelle scuole superiori italiane si insegnano solo le certezze e non i dubbi. I manuali raramente consentono la discussione e il confronto. All’università tutto cambia. A mano a mano che ci si avvicina alla laurea, e specialmente quando si scrive una tesi quinquennale, si incomincia a capire che non esistono verità assolute ma solo ipotesi più o meno forti e soggette a verifica.
La ricerca è il fronte. Qui la battaglia per la verità è sempre in corso. La scuola cerca invece di creare un corpo di conoscenze stabili e immutabili. La scoperta terrorizza chi ama avere sicurezze nella vita, ma rende felice chi vivendo nel dubbio non si è mai accontentato delle verità semplici e non critiche dei manuali. Sono stato fino alla tesi uno studente inquieto e mai soddisfatto. Mentre facevo la tesi invece i dubbi che avevo sempre avuto mi sono stati utili per diventare un vero studioso. Quando si lavora a un saggio di storia, per citare il campo che conosco meglio, si parte da ipotesi realistiche, che le fonti poi debbono confermare o smentire. Il livello scientifico della storia è debole. Nelle scienze forti l’esperimento condotto con la regola del doppio cieco diventa decisivo. Credo che tutti sappiano come funziona: si dividono i partecipanti all’esperimento in due gruppi. Ad un gruppo è somministrato un placebo, a un altro gruppo la cura che si sta sperimentando. Se tutto va bene lo scienziato constata che nel secondo gruppo i pazienti che guariscono sono molti di più.
Il calcio non è una scienza, ma negli ultimi anni allenatori e preparatori si sono dati un abito scientifico. Si parte da modelli di gioco e preparazione. L’esperimento è la partita.
Vincenzo Italiano ci ha proposto interessanti ipotesi di gioco e di preparazione, che già in parte verificati a Spezia, deponevano a suo favore. Passando dalla teoria al campo sono emersi con maggior chiarezza le difficoltà e i problemi. La preparazione ad esempio ci ha garantito una partenza forte, ma adesso si registra un calo dei ritmi di gioco. L’idea della difesa alta ci ha permesso soluzioni in attacco affascinanti, ma alla lunga anche questa vena pare esaurita, mentre emergono le difficoltà per i difensori e la difesa a contenere le altrui ripartenze. Ci sono stati anche fattori esterni a condizionare la squadra, come il rifiuto di Vlahovic di rinnovare o le gravose trasferte dei giocatori sudamericani.
Sin dall’estate in molti si sono chiesti quanti punti avrà la Fiorentina a fine stagione, ma prevedere sin d’ora l’esito è impossibile. Non ci resta che seguire l’interessante progetto di Italiano, che avrà inevitabilmente momenti di crescita e di crisi.
di Ludwigzaller

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Ludwig