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Il blog di Ludwigzaller: Coraggio

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Innumerevoli sono stati nel tempo i tentativi di rendere più difficile il percorso della Sanremo. La selezione avveniva un tempo sul passo ancora innevato del Turchino, teatro delle imprese di Bartali e Coppi. In seguito furono aggiunti il tormentato Poggio, brevissimo, aspro e pieno di curve, e la  più compassata Cipressa. Ma sempre più spesso capita che la gara si concluda con un arrivo in volata. Corsa antichissima (si disputava già dai primi del Novecento), la Sanremo è una di quelle prove estenuanti che superano i 250 km: la fatica, che giunge fra l’altro a inizio stagione, non basta a creare una selezione.

Era questa l’impressione che si aveva anche sabato scorso. Il gruppo procedeva compatto e pacifico, controllato dalle squadre dei velocisti. Dunque un finale prevedibile, e noioso, che non incoraggiava a seguire la corsa nonostante che il sentore di primavera, il sole, la vista del mare che si apriva a squarci mentre passavano i corridori, insomma la Liguria di Montale, invogliassero di per se stessi a rimanere davanti alla tv o all’iPad.

Sul Poggio invece dopo qualche tentativo andato a vuoto è scattato Nibali. Il toscano Nibali come amo dire provocatoriamente ai miei amici siciliani, perché Nibali è messinese ma vive da sempre in Toscana, da quando cioè ha deciso di venire qui ad imparare il ciclismo, come del resto aveva fatto a suo tempo Moser, che a ben vedere è pistoiese. Lo abbiamo visto partire di slancio, a metà del Poggio, con la sua pedalata elegante, da cronometrista, più che scalatore, fare il vuoto e precitarsi in discesa, un esercizio che gli  è particolarmente congeniale. Dietro titubavano, incapaci di organizzarsi.

Ma si sa gli ultimi due km. possono sempre essere ferali per l’attaccante. Dietro, la nube colorata del gruppo lo minacciava, come la grigio-rosea nube dei vent’anni che minaccia l’adolescenza della Esterina di Montale. Ma ce l’ha fatta, ha vinto. Ed io non ho rimpianto di non aver dedicato il mio tempo all’inaugurazione di una mostra che avveniva più o meno alla stessa ora.

Nel ciclismo i ruoli sono ben definiti. E le tattiche di gara conseguenti. Un atleta imponente come Cipollini, dotato di muscolature nobili, non poteva far altro che attendere la fine della corsa per dimostrare il suo valore in volata. Era una bella vita la sua, la vita di un signore del gruppo. I velocisti di un tempo non si sfiancavano negli allenamenti, pasteggiavano a champagne e d’inverno guadagnavano bene con le Sei giorni.

Nibali di contro, che velocista non è,  non può che partire da lontano se vuole avere speranze di vittoria. Ma l’audacia, il coraggio e il desiderio di vincere hanno restituito valore alla sua impresa, ben più che a quella di chi sta protetto nella pancia del gruppo fino alla fine.

È quello che amo vedere anche sui campi di calcio, mi piacciono le squadre che sin dal primo momento vogliono vincere, che attaccano e premono sull’avversario finché non passano in vantaggio, piuttosto che quelle, italiche, che vincono di rimessa, o grazie alla saggezza e alla prudenza, di cui è maestro un Allegri. Da questo punto di vista la Fiorentina di Montella e di Sousa mi aveva abituato “male”. Ecco perché l’attuale ritorno al buon senso senza rischi non mi piace. E mi auguro che sia una parentesi.

di Ludwigzaller

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