Niente assomiglia di più al Paradiso in terra che passeggiare per le vie di Firenze in un giorno di primavera. Fu in un giorno di primavera che ebbi il mio vero primo incontro con la città: l’autobus che mi avrebbe condotto a S. Domenico di Fiesole saliva lungo la collina piena di alberi in fiore e di giardini rigogliosi. Dalla terrazza del convento di San Domenico, oggi sede dell’Istituto Universitario Europeo, si poteva abbracciare la vista della città con un solo sguardo.
Questa città assolutamente unica mal sopporta la modernità. Gli interventi di Tomaso Montanari lasciano intendere che l’ambiente urbano fiorentino è intoccabile, non si presta ad interventi modernizzanti dietro i quali si intravedono scopi di profitto. È un peccato mortale affittare il Ponte Vecchio per degli eventi, dice Montanari, od ospitare ricevimenti agli Uffizi. Le bellezze di Firenze debbono essere fruite da tutti senza interruzioni. La modernità è riletta da Montanari, alla luce di quanto ne scriveva Pasolini, come disumanità.
C’è del vero, certo, in quel che sostiene Montanari. Sarebbe auspicabile ad esempio che gli Uffizi offrissero ingressi gratuiti non una volta all’anno, come accade adesso, ma con cadenza settimanale, come succede al Moma di New York. Ma Firenze non è Casarsa, il paese friulano dove Pasolini trascorse la sua infanzia. La Firenze del Rinascimento era la più grande città industriale e commerciale d’Europa, una città in crescita ed in movimento: dunque, come tutte le città autenticamente vive, un cantiere. La collocazione del David di Michelangelo in piazza della Signoria, che oggi ci appare logica e naturale, fu una innovazione di cui si discusse. Palazzo Pitti e Boboli furono edificati quasi dal nulla, come lo stesso corridoio vasariano. Quando si parla di borghesia si pensa ormai esclusivamente a quella inglese o francese dell’Ottocento. Ma si dimentica che le radici della borghesia sono medievali ed italiane. E fiorentine in particolare.
Dunque anche Firenze deve fare i conti con il nuovo. E l’unica via che le si apre è cercare di riprodurre quei valori di bellezza, equilibrio, ordine che caratterizzavano l’architettura e l’urbanistica del Rinascimento. Da questo punto di vista mi pare di poter dire che certe occasioni siano andate perdute: il famoso palazzo di giustizia è stato bollato come il più brutto edificio del mondo, si difende il teatro dell’opera, un fallimento è l’insediamento della Università di Firenze. Nella Firenze contemporanea non hanno lavorato architetti di fortissima personalità, capaci di accettare la sfida con Brunelleschi e Michelangelo. Nessuno di coloro che hanno messo mano alla città possiede la forza creativa del progettista dello stadio Franchi, Pier Luigi Nervi, o di quel Giovanni Michelucci cui si debbono la stazione e la piccola chiesa che si trova all’ingresso dell’autostrada Firenze-Mare.
Nella stessa area di Novoli dove già si trovano il palazzo di giustizia e l’università sorgerà ora lo stadio, che sostituisce un’architettura che è monumento nazionale protetto dalle Belle Arti. Riuscirà questa volta il connubio tra antico e moderno, tra la qualità architettonica e urbanistica del centro storico fiorentino ed un intervento contemporaneo? Tra interessi economici e finanziari e necessità pubbliche? Lo stadio fiorentino segue linee ormai note, comuni a molti altri interventi, da Monaco a Torino. Ma il progetto è comunque importante, coraggioso e va in quella direzione della modernità che mi pare ineludibile. Si è tenuto conto, più che a Roma, del collegamento tra lo stadio e la città; sono previsti investimenti importanti in infrastrutture, e significative novità tecnologiche. A differenza dell’area romana, di cui Salvatore Settis ha sottolineato l’importanza storica ed archeologica, quella fiorentina è occupata da un anonimo mercato all’ingrosso. Non mi sono ancora reso conto del rapporto reale tra spazi verdi e costruzioni, un elemento secondo me importantissimo perché qualsiasi edificio risalta e diventa più bello se è circondato dal verde e “respira”. Ancor più importante è capire se è stato rispettato l’equilibrio tra le aree residenziali e commerciali e quelle sportive.
Ci sarà tempo per giudizi più meditati. E per capire quali conseguenze avrà il nuovo stadio sul destino sportivo della Fiorentina. Mi scuso per aver scritto questo post dal punto di vista di un amante e tifoso della città, prima ancora che della squadra di calcio.
di Ludwigzaller

Di
Redazione LaViola.it