I dilemmi morali nella strage di Viareggio e nella morte di Davide Astori
La notte tra il 29 e il 30 giugno 2009 fu calda ed io non riuscivo a dormire. In cerca di vecchi film in tv mi spostai in salotto. Rai Tre rimandava le immagini di una stazione. I commenti erano confusi e non si comprendeva esattamente cosa fosse successo. Ci misi un po’ di tempo per rendermi conto che si parlava della mia città, Viareggio. Un quadro più chiaro si ebbe col passare delle ore. Era deragliato un treno merci e per una serie di circostanze da uno dei carri cisterna era fuoriuscito del Gpl provocando un’esplosione. Una nube di fuoco si era velocemente espansa in varie direzioni. Su di un lato della linea ferroviaria aveva investito una tranquilla via di periferia. Gli abitanti furono sorpresi nel sonno e pochi si salvarono. Sul lato opposto, lungo la via che conduce alla stazione, un uomo che viaggiava su di un motorino fu letteralmente incenerito. Interi quartieri furono evacuati. Molti dei superstiti avevano riportato gravissime ustioni. Nel processo che in seguito si aprì e che è durato per molti anni la discussione si incentrò sulla responsabilità dei dirigenti delle Ferrovie. Ci si domandava se la tragedia fosse evitabile o se invece rientrasse nella categoria degli eventi aleatori. Il comitato dei familiari delle vittime iniziò una durissima battaglia legale. Il comitato era guidato da persone che avevano perso i figli nel disastro o avevano visto distrutta l’intera famiglia. L’8 gennaio 2021 la Cassazione ha in definitiva assolto tutti, escludendo che ci fossero responsabilità colpose da parte di chi si occupava della manutenzione della rete ferroviaria, a cominciare dal presidente delle Ferrovie. Gli omicidi colposi sono caduti in prescrizione. Ci sono state scene di dolore e di disperazione di fronte al tribunale, da parte di coloro che avevano speso gli ultimi anni nella battaglia per ottenere condanne penali.
La mattina del 4 marzo 2018 stavo scorrendo le notizie provenienti dai siti viola, in attesa della partita tra Fiorentina e Udinese. Improvvisamente si seppe che la partita non si sarebbe giocata. Davide Astori non era sceso a fare colazione con i compagni. Pensando che si fosse addormentato l’erano andati a svegliare, ma Davide era morto nel sonno, colpito da una rara malformazione cardiaca. Il processo in questo caso è ancora in corso. E la domanda posta da Francesca Fioretti, la moglie di Astori, è la stessa posta dalle vittime della strage: la morte di Davide era un evento segnato o si poteva evitare se chi era incaricato di verificare l’idoneità sportiva si fosse accorto che nel suo cuore qualcosa non andava?
Se da un lato c’è un’esigenza di giustizia, dall’altro c’è il rischio di coinvolgere un medico che ha agito in buona fede e ha fatto il suo dovere. Ci si muove su di un crinale sottilissimo che è morale prima che giuridico. I risarcimenti ci sono stati, ma non è quello il punto. Domande terribili, che richiamano quelle poste in tragedie come l’Antigone di Sofocle, che narra della donna che, contro la volontà del re di Tebe, aveva deciso di dare ugualmente sepoltura al corpo del fratello. E a cui non so dare una risposta certa.
di Ludwigzaller
Di
Ludwig