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Blog dei Tifosi

Il Blog dei Tifosi – La forza del destino

Analisi ed elogio della debacle mondiale della Germania

Sto trovando salutare questa sosta calcistica nazionale. Avevo bisogno di una tregua. Mi annoiano, o alternativamente mi indispongono, le solite dichiarazioni di BaronePradèItaliano. Non reggo più le discussioni su Jovic e Cabral, sul  trequartista e sull’esterno, su chi deve correre sulle fasce e chi è bene che cammini sulle strisce. Aria fritta e rifritta, ne ero un po’ saturo.

Invece adesso seguo con un certo interesse i Mondiali, che mi si rivelano più divertenti di quanto non mi fossi aspettato. Niente di stupefacente, ma vedo partite combattute e non di rado ben giocate. Anche se comincia ad affiorare qualche aspetto discutibile, come per esempio la condotta ignava della Polonia contro l’Argentina e quella poco simpatica della Spagna contro l’ottimo Giappone. Ci sono  già state  vittime illustri come la Germania e l’Uruguay. E prima ancora, la stessa Italia che ai Mondiali non c’è neppure arrivata. Dieci titoli in tre. Ma anche l’eliminazione del Belgio era inattesa.

Mi soffermo sulla caduta  della Germania perché essa svela un destino che sa di ineluttabile e che, secondo me, anche al di là del calcio non coglie mai di sorpresa i tedeschi. Sanno cosa li aspetta. Se vedono di fronte a se stessi la tragedia, vi vanno incontro a petto nudo, sapendo di non poterla evitare quando essa, inesorabile, li chiama. Sono irresistibilmente portati  ad andare incontro alla catastrofe con lo spirito, tutto tedesco, di attrazione per la fatalità. Uno spirito orgoglioso, superiore, arrogante, e anche tragico. Andare diritti, sia quel che sia. E non di rado sono  tragedie.

Pensavo questo mentre vedevo Neuer, Müller, Gnabry, Musiala, Havertz giocare e alla fine vincere contro la Costa Rica, ma come se sapessero che la sorte era comunque segnata e nulla avrebbe potuto cambiarla. C’è una grandezza anche in questo, a pensarci bene: subire la disfatta come obbligo morale, come prezzo per potersi poi rigenerare e  proseguire oltre.

Capita nella vita di arrivare di fronte a un evento tanto temuto e, nell’ora in cui esso di materializza per davvero,  ritrovare la speranza, perché – scontandolo – ci si alleggerisce di quel peso che ci opprimeva col suo nefasto presagio. Così mi sembravano i tedeschi mentre soffrivano sul campo, come se stessero pensando: siamo nella burrasca che doveva arrivare e quindi, proprio perché ci siamo dentro,  minuto dopo minuto adesso ce la stiamo lasciando finalmente alle spalle. Bisogna farlo, per arrivare al mare calmo e sereno che troveremo subito dopo, quando riprenderemo la navigazione verso nuovi successi. Mi pare tutto in linea con lo spirito tedesco, uno spirito profondo e difficile da penetrare per noi latini. Una consapevolezza del destino e della tragedia – calcistica in questo  caso, e quindi relativa –  che si supera anche subendola, mentre cercare di scansarla è inutile. Noi, a sud delle Alpi, siamo più portati a scansarci.

Forse inconsapevolmente, questa avvilente spedizione mondiale dei tedeschi è stata attesa e vissuta proprio col recondito pensiero che fatalmente ci sarebbe stata da affrontare la tempesta e da fare naufragio, come tante volte è loro già accaduto. Questo ora è il tempo, e bisogna passarci attraverso per superarlo. Il destino non si cambia. Però, subendolo, si va oltre e ci si lascia alle spalle. Rivedremo il calcio tedesco. Una nuova linfa, rafforzata ora da tante contaminazioni, rinverdirà i fasti di Beckenbauer, Neuer, Brehme, Haller, Matthäus, NetzerSeeler, Rummenigge, Gerd Müller, Overath e di tanti altri.

Forse i tedeschi si sono fermati perché in Qatar non ci hanno trovati. Escono, per aspettarci alla finale dei Mondiali del 2026. Senza di noi non possono vivere. Si sentono smarriti, e spesso lo restano anche dopo averci incontrati. Lo sanno benissimo, ma il loro spirito li porta a cercarci, perché noi siamo il loro destino fatale. Due mondi e due culture che, sotto una reciproca diffidenza apparente,  senza volerlo ammettere si ammirano, e che sempre hanno colloquiato transitando lungo gli stretti passaggi alpini che uniscono i due versanti, fecondamente percorsi  in entrambi i sensi per prendere e per dare. Non solo merci, non solo soldataglie, ma anche pensiero, musica, arte. Auf wiedersehen, Deutschland! 

di Paolotto

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