Calato il sipario sulla stagione, è il momento dei consuntivi
Risultati
La Fiorentina chiude al settimo posto con 62 punti, frutto di 19 vittorie, 5 pareggi e 14 sconfitte, 59 gol fatti e 51 subiti. L’anno scorso abbiamo conseguito il tredicesimo posto con 40 punti, 9 vittorie, 13 pareggi e 16 sconfitte. 47 gol fatti e 59 subiti.
Il miglioramento è legato a pareggi che si sono trasformati in vittorie, in virtù di una differenza reti che è diventata positiva, da negativa che era. Di poco migliorato il numero delle sconfitte. Alla fine abbiamo vinto una partita in più delle romane che ci precedono in classifica, ma abbiamo perso più di loro e pareggiato molto meno. La Lazio è stata uno schiacciasassi in attacco (77 gol), mentre la Roma ha segnato quanto noi subendo meno gol.
Come l’anno scorso, siamo rimasti per tutto il campionato nella zona di classifica in cui abbiamo stazionato fin dalle prime giornate, senza spettacolari rimonte o rovinose cadute da un’area all’altra della graduatoria. In 28 giornate su 38 siamo stati dal settimo posto in su.
Il percorso è stato piuttosto equilibrato, avendo fatto 32 punti nel girone d’andata e 30 in quello di ritorno. La cosa ha del paradossale considerando che nelle ultime 6 partite abbiamo fatto 2 vittorie e 4 sconfitte, segno che siamo andati appena più piano delle dirette concorrenti romane, e meglio dell’Atalanta rovinosamente caduta. Due terzi dei punti sono stati conquistati in casa.
La posizione finale ci fa centrare una competizione europea dopo lungo digiuno. Curiosamente, è la stessa posizione con gli stessi punti della Roma dell’anno scorso. Una squadra, è bene ricordarlo, che ha un monte ingaggi doppio del nostro, e che l’anno passato era arrivata appunto 23 punti più avanti di noi.
La Coppa Italia è stata un’avventura appassionante, che ci ha visto tornare dopo anni alla semifinale, seminando per strada Cosenza Benevento Napoli e Atalanta, prima di essere battuti dalla Juventus. L’anno passato ci eravamo fermati agli ottavi, sconfitti dall’Inter dopo aver battuto Padova e Udinese. Se in campionato abbiamo fatto tanti punti in casa, in Coppa Italia abbiamo realizzato splendide vittorie in trasferta.
Il miglioramento avvenuto può essere considerato risibile, doveroso, discreto, ottimo o straordinario a seconda dei gusti. Per me è un miglioramento consistente e importante, nient’affatto scontato.
Se l’anno passato avessimo steccato una stagione all’interno di un percorso positivo, quei quaranta punti avrebbero rappresentato una grigia parentesi. Ma negli ultimi anni la Fiorentina si stava abituando a lottare per la salvezza, per cui questa stagione rappresenta una brusca e decisa inversione di tendenza, da un anno all’altro, impresa tutt’altro che semplice.
Consuntivo tecnico
Abbiamo finalmente ricostruito una squadra che ha una propria identità e che funziona. Potremmo anche aggiungere che era ora che questo avvenisse, ma abbiamo scontato, e continueremo a scontare, l’inesperienza della proprietà e del massimo dirigente nel calcio di serie A. Ma come la differenza reti, anche quella fra errori e scelte azzeccate è cambiata di segno, e tanto la classifica come la qualità del gioco lo stanno a dimostrare.
Lascia più di un interrogativo il fatto che sia stata una stagione in calando anziché in crescendo. L’auspicio sarebbe stato quello di vedere progressi in virtù del crescente affiatamento fra allenatore e squadra, mentre abbiamo assistito al percorso contrario. Le ragioni del rallentamento, fino al crollo finale, sono molteplici. Ha influito in parte la necessaria cessione di Vlahovic e l’acquisto di giocatori che hanno implicato un laborioso e ancora incompiuto inserimento, ma a mio parere ha influito molto di più il progressivo deterioramento della condizione psicofisica, che ha portato la Fiorentina ad essere una squadra psicologicamente lunatica, se non proprio fragile, e fisicamente una delle squadre che corre di meno in tutta la serie A.
Tale stato di cose ha indotto l’allenatore a concentrare la propria attenzione sugli aspetti più conservativi del gioco, nel tentativo di dare maggiori certezze e costanza tanto di risultati come di prestazioni: la cura per la fase difensiva e per la gestione della partita a cominciare da gennaio, dopo le incertezze e i pochi punti all’inizio del girone di ritorno, ha fruttato una buona striscia di risultati in primavera, sulla quale abbiamo sostanzialmente costruito il piazzamento finale, ottenuti più con l’efficacia della fase difensiva che per la vena del gioco d’attacco.
Già sul finire dell’inverno, la Fiorentina arrembante, aggressiva e dinamica di inizio campionato era un ricordo. Dopo il lampo nel buio della partita di Napoli, con il ritorno di semifinale di Coppa Italia si è spenta la luce, c’è mancato poco che vincessimo la corsa dei gamberi per la non-qualificazione europea.
Sul piano individuale, abbiamo assistito a progressi, affermazioni e delusioni in varia misura. Il tentativo di calare Dragowski nel nuovo contesto è fallito, e Terracciano si è dovuto sobbarcare il lavoro del portiere titolare, con risultati da ottimo secondo portiere.
Fra i difensori centrali è stata perentoria la crescita di Igor, diventato un titolare senz’altro affidabile, anche se con qualche lacuna da colmare, costante e proficuo l’adattamento di Milenkovic nella nuova realtà. Al contrario si segnala il regresso di Martinez Quarta e il contributo nullo di Nastasic, dannoso nelle poche apparizioni.
Fra i terzini spicca la contraddittorietà di Odriozola, un fattore quando attacca, al limite dell’inconsistenza quando difende. Poco ci si aspettava da Biraghi e Venuti, e poco hanno dato. Sebbene il capitano abbia assicurato costanza di rendimento e buona predisposizione nella fase offensiva, i segnali incoraggianti di miglioramento della fase difensiva nelle primissime uscite sono rimasti l’illusione di un cambiamento radicale. Terzic abbastanza anonimo.
A centrocampo la svolta è stato Torreira. La sua evoluzione nel corso della stagione è stata una novità decisiva, che ci ha tenuto in piedi per un importante tratto del cammino. Castrovilli si è gravemente infortunato mentre stava raggiungendo buoni livelli, e la sua assenza ne ha dimostrato l’importanza. Percorso contrario per le altre mezz’ali: Bonaventura e Maleh hanno dato il meglio nella prima metà di stagione, mentre Duncan ha continuato ad alternare prestazioni splendide a partite da incubo. Da segnalare il progresso di Amrabat, che con tanto lavoro ed applicazione si è piano piano inserito nel gioco della squadra.
Annata in regresso per gli attaccanti. Sottil Saponara e Nico hanno perso efficacia e brillantezza nel corso della stagione, e in un certo senso il loro percorso è rappresentativo di quello dell’intera squadra: ottima partenza, successiva involuzione, incerto finale. Ikoné ha mostrato numeri importanti da valorizzare, limiti importanti da colmare e un lavoro di inserimento da completare l’anno prossimo. Callejon ha dato il poco che era rimasto.
Centravanti in sintonia con i compagni di reparto e la squadra intera: Vlahovic non se n’è andato segnando (a secco sia a Verona che nella caporetto di Torino, prima di andare in quarantena per Cagliari) e nel suo percorso juventino ha abbassato la media che aveva a Firenze. Piatek ha sfruttato i pochi palloni buoni che gli sono arrivati, pur dando un apporto nullo in fase di manovra per caratteristiche tecniche. Il ché gli ha fatto preferire Cabral, cecchino quasi quanto il compagno nelle poche occasioni in cui è stato messo in condizioni di concludere, ma ben più lottatore del polacco. Un giocatore sul quale e per il quale lavorare.
Per finire, l’allenatore. Straordinario nel cambiare il volto della squadra rispetto all’anno scorso, infondendo convinzione e mentalità al servizio di un’idea di gioco ben precisa e appassionante. Intelligente nel tenere coinvolto ogni elemento della squadra, in modo da avere sempre tutte le risorse umane e tecniche disponibili. Molto bravo nel disegnare l’evoluzione tattica della squadra, portandola a colmare evidenti lacune in fase difensiva e a valorizzare il contributo di alcuni giocatori come Torreira e Igor.
Fragoroso il crollo finale, a cui hanno probabilmente contribuito in egual misura l’inadeguatezza delle risorse psicologiche del gruppo nel suo insieme a tenere fino in fondo una stagione di questo tipo, e una preparazione fisica di corto respiro, sulla quale dovrà riflettere molto in questi giorni.
Compiti per le vacanze: lavorare sulle soluzioni offensive, in modo da valorizzare le caratteristiche tecniche dei giocatori e rendere più imprevedibile la manovra; rivedere il lavoro quotidiano e la preparazione alla partite, per durare tutta la stagione e rendere gli impegni ravvicinati quello che sono per tutte le squadre di media e alta classifica, cioè ordinaria amministrazione.
di Pierre Bayle

Di
Redazione LaViola.it