Una rosa complessivamente più forte, nuovi arrivi che hanno ribaltato le gerarchie degli ultimi anni. Nella disputa tra ‘italianisti’ e ‘palladiniani’ la grande differenza è (anche) nei giocatori
Nella ‘disputa’ tra italianisti e palladiniani, nei confronti tra chi “Vincenzo ha portato la squadra oltre i propri limiti” e chi “Eh ma con lui si perdeva le partite e le finali sempre allo stesso modo”, la grande differenza tra la Fiorentina 2023/2024 e la Fiorentina 2024/2025 sta anche, e soprattutto, nei giocatori, nei singoli, nei componenti della squadra-tipo. Nelle scelte, nelle gerarchie, nella gestione del gruppo.
Da una parte rotazioni continue, turnover estremo, le 140 e passa formazioni sempre diverse (e quasi impossibili da ‘azzeccare’), oltre ad un tipo di calcio che poche volte ha previsto varianti tattiche in tre anni (ma dal 4-3-3 iniziale al 4-2-3-1 dei due anni successivi, sfumature diverse sono arrivate dopo i momenti più difficili), dall’altra un blocco-base per il campionato, la capacità di cambiare in corsa a livello tattico e di modo di giocare, di adattarsi agli avversari. Ma anche le ‘scelte forti’ verso giocatori che prima erano quasi ‘intoccabili’… anche per mancanza di alternative. Il ‘caso-Biraghi’ è esploso forte negli ultimi giorni, ma in maniera quasi inevitabile: punto fermissimo per anni a sinistra, nessuno era riuscito a incrinare il minutaggio del capitano, uomo-simbolo anche per la società. Palladino ad inizio lo ha tenuto in grande considerazione, utilizzandolo anche come jolly da terzo di difesa pur di impiegarlo. Poi però con la difesa a quattro e Gosens a sinistra, la scelta è stata quasi inevitabile.
Ma sono anche altri i ‘titolarissimi’ che con Palladino sono finiti indietro nelle gerarchie. Terracciano, ad esempio, negli anni era partito sempre alla pari, o dietro, con i vari acquisti della società tra i pali. Ma tra Dragowski, Gollini e Christensen, il numero uno (di numero e di fatto) era sempre stato San Pietro. Con De Gea, però, c’è stato poco da fare, perché lo spagnolo si è dimostrato di prestazione in prestazione il miglior portiere del campionato e pure tra i migliori in Europa. Questione di categorie e qualità, anche se adesso Terracciano è insidiato pure dal giovane Martinelli, titolare nell’ultima di Conference dopo qualche prova non convincente di Pietro.
E poi Martinez Quarta. In estate, mentre Milenkovic salutava Firenze, l’argentino rinnovava candidandosi ad essere un baluardo del nuovo corso, dopo una stagione record da 8 gol complessivi. Invece dopo le prime uscite il nuovo tecnico ha trovato la sua coppia-base nella difesa a quattro, con Ranieri affiancato dal 2005 Comuzzo. Un muro fatto in casa, per Lucas è rimasta di fatto la Conference. Non il massimo per il vice-capitano, ma senza aprire un caso come fatto invece dal capitano.
Più avanti anche Mandragora è stato messo quanto meno in discussione dal calcio del nuovo tecnico. Rolando in realtà è ritenuto importante anche da Palladino, e il suo percorso in stagione è stato frenato anche dall’infortunio al ginocchio (con rientro record), ma nell’undici-tipo del campionato l’ex Torino e Juve non figura, perché fin qui hanno giocato con continuità Adli e Cataldi, oltre a Bove prima del malore contro l’Inter. Con Italiano Mandragora aveva giocato 50 partite l’anno scorso, era stato il 6° assoluto per minutaggio due anni fa. Fin qui invece 18° per minutaggio complessivo, appena 308′ in campionato.
Questione insomma di scelte e alternative. Anche Kouame era “l’uomo da portare sempre in battaglia” per Italiano, ora invece deve sgomitare per ritagliarsi spazio alle spalle di Kean o a volte sulla trequarti. Mentre Kayode lo scorso anno era stato l’8° per minutaggio complessivo, con 2900 minuti giocati, fin qui è 21° con 472 minuti. Il motivo? Una sua involuzione evidente, sì, ma anche il ritorno di Dodo ai suoi livelli migliori. E se mentre altri, come Comuzzo e Sottil, hanno svoltato con Palladino, l’unico titolare rimasto al suo posto, ed anzi responsabilizzato con la fascia di capitano al braccio, è Ranieri. Da una parte quindi una rosa oggettivamente più forte rispetto al passato, dall’altra però anche ‘scelte forti’ e una voce importante in chiave mercato da parte del nuovo tecnico (che non a caso ha spinto tanto per i vari Kean, Gosens, Cataldi e compagni). La diatriba tra italianisti e palladiniani andrà avanti ancora, probabilmente senza riuscire mai a trovare un punto d’incontro.
Di
Marco Pecorini