Pare che volino milioni come noccioline, i cinesi vanno a caccia di giocatori in Europa e i dirigenti delle nostre società di calcio – spaventati? increduli? contenti? – si preparano mentalmente a scalare montagne di soldi.
Irripetibile occasione per chi ha bilanci da rimodellare e sente bussare alla porta gli sceicchi orientali, geni della finanza molto creativa e dell’esborso fuori mercato. Comunque imprenditori con i quali è impossibile mettersi di traverso: gente in grado di pagare 80 milioni netti d’ingaggio a Tevez (33 anni a febbraio) per un contratto biennale.
Shopping compulsivo? C’è poco da scherzare, e ancor meno da fare i moralisti: in Cina ci sono i soldi veri e, tranne qualche rarissimo caso, l’Europa è diventata terra di conquista più o meno come lo è stato il Sudamerica per noi qualche decina di anni fa.
Logico che i calciatori entrati nel mirino degli spacciatori di denaro facciano, su scala ridotta, riferimento alla quota-Tevez per spostarsi in un campionato che, volendo essere generosi, equivale alla Lega Pro.
Solo che la trasferta più vicina è a due ore di aereo e dopo il primo anno di contratto – il livello di gioco, la durezza dei contrasti, gli arbitri in genere scarsi, la vita fuori dal campo, il clima poco favorevole – comincia la fuga alla rovescia.
Ma questi sono problemi successivi e il conto in banca aiuta a superarli. L’occasione dei cinesi dilapidatori – dilapidatori ai nostri occhi – è comunque ideale per raddrizzare bilanci magri. Quello della Fiorentina com’è?
Così il presidente esecutivo Cognigni a Salonicco, lo scorso 15 settembre, prima del match contro il Paok: «La proiezione per il prossimo anno, nell’ottica dell’ultimo triennio, vedrà la Fiorentina partire da un -23, quindi leggermente sotto rispetto al limite massimo imposto dall’Uefa a -30».
Ma la possibilità probabilmente irripetibile di vendere un giocatore di 29 anni per 50 milioni, oltretutto con una plsuvalenza spaziale perché Kalinic è stato pagato cinque milioni e mezzo nel 2015, è anche l’occasione per dimostrare buona volontà e prontezza di riflessi per reinvestire una giusta parte dell’incasso, avendo a disposizione una cifra così rilevante.
L’efetto dei bilanci è complicato da valutare, considerato che prima di Fiorentina-Napoli un membro del Cda viola, Paolo Panerai, ha così definito la quota del rosso: «Abbiamo certificato l’ottimo lavoro di Pantaleo Corvino, visto che nel 2014 c’erano stati 48 milioni di perdita».
Volano milioni come noccioline e in mezzo al decollo multiplo c’è la passione dei tifosi che non riescono a orientarsi, né a decidere da quale parte stare. E come massima vendetta augurano alla Cina di essere aggredita – come un terribile flagello – dalle norme dei fair play finanziario.
Di
Redazione LaViola.it