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Beltran: “Prima l’Europa, poi Copa America e Olimpiadi. Ecco perché ho scelto la Fiorentina”

Intervista al Vichingo viola, assieme a Lautaro e Vlahovic l’attaccante più prolifico del campionato da dicembre a oggi

Lucas Beltran ha parlato a Eurosport, nel giorno di Fiorentina-Lazio e l’indomani del SuperClassico tra River Plate e Boca Juniors terminato 1-1.

Questa l’intervista dell’attaccante della Fiorentina, che parte proprio dall’eterna rivalità tra i due club argentini. “All’età di 14 anni fui contattato dal River, ma mi voleva anche il Boca. Mio fratello Santiago mi disse: ‘Se vai lì non vedrò più le tue partite’. Ebbi poca scelta. La rivalità tra le due squadre è unica, non è paragonabile ad altri derby nel mondo. In Argentina viviamo il calcio in un modo tutto nostro. Quella partita la aspettiamo tutto l’anno. I giorni precedenti, quello del match e quelli dopo sono un universo parallelo. E’ la fotografia perfetta del calcio argentino. Il Superclassico è in assoluto la partita più emozionante che abbia mai giocato nella mia carriera, assieme ai match col River in Copa Libertardores”.

NAZIONALE. “Sì, l’Italia è stata una possibilità. Mi sono arrivate allo stesso tempo le due convocazioni, quella di Scaloni e quella di Mancini. Ho dovuto prendere una decisione. Ho scelto la selezione argentina per la mia famiglia, sono di lì, è stato un sentimento molto intimo e personale, ma la possibilità di giocare con la maglia azzurra c’è stata. Mi hanno chiamato dall’Italia, ma poi scelto col cuore”.

COPA AMERICA O OLIMPIADI. “Punto ad entrambe. Sarebbe un sogno. Quando si parla della selezione argentina si vuole sempre essere presenti, quindi vedremo cosa decidono i c.t.”.

MESSI. “Lionel è l’idolo di tutti in Argentina. Il primo allenamento assieme ero ipnotizzato, era strano averlo tra i miei compagni di squadra, ma con il corso dei giorni è diventato più famigliare. Ringrazio la vita e il ct Scaloni per avermi dato questa opportunità. E’ stato un orgoglio per me e spero di continuare a giocare con lui”.

VICHINGO. “Hanno cominciato a chiamarmi così ai tempi del Colón de Santa Fé, quando giocavo lì. Penso che il motivo siano i capelli biondi, la barba un po’ più lunga e l’atteggiamento in campo, sempre agguerrito”.

DYBALA. “Lui era molto amico di mio fratello, giocavano insieme da piccoli. Dormiva a casa mia, era sempre da noi, quindi lo conosco bene. Lo considero una persona di famiglia. Ci vediamo spesso, quando possiamo, anche in Italia. Da quando sono arrivato qui, esco anche con Martínez Quarta, Nico González, Gino Infantino, poi ho anche amici al Frosinone, Mati Soulè e Enzo Barrenechea su tutti. Con Enzo e suo papà dobbiamo organizzare presto un asado. Ho amici che vivono in Italia da molto tempo, sono venuti qui per problemi economici in Argentina. Nei giorni off mi piace girare e conoscere l’Italia: Roma, Venezia, Milano, il lago di Como…”

TRATTATIVA. “È vero, mi hanno contattato Roma, Fiorentina e Real. Ho scelto Firenze perché me lo sentivo. Un giorno mi sono svegliato e ho detto a mio fratello “Voglio andare alla Fiorentina”. È stato il club che ha mostrato più interesse per me, mi ha fortemente voluto. E poi mi è piaciuta la città, il centro sportivo, il Viola Park, come vive la gente. È bellissimo, quindi sono molto felice qui. Penso di aver preso una buona decisione. Commisso? Il presidente è sempre molto presente con noi. Ci parla quasi sempre prima delle partite importanti, negli spogliatoi”.

NOVE. “Quando noi argentini parliamo di Fiorentina o di Firenze ci viene subito in mente Batistuta. E tanti altri argentini che hanno giocato qui. Per me è un orgoglio molto grande essere qui, portare il numero di maglia di Batistuta. Spero di portarlo il più in alto possibile per rendergli onore”.

ADATTAMENTO. “Qui i difensori sono più alti, più forti fisicamente, bisogna correre e attaccare in una maniera diversa. E’ un calcio più tattico, meno instintivo. Già dalla preparazione estiva ho cercato di adattarmi a queste condizioni. Dopo l’ambientamento dei primi mesi ora conosco meglio il calcio italiano e i miei avversari. Il mio padre calcistico è Marcello Gallardo: il modo di giocare, di stare in campo, dare tutto per la squadra lo devo a lui. E’ un’istituzione al River. Poi ho avuto molti altri grandi allenatori, come Martín Demichelis che mi ha aiutato a crescere molto. Anche Julio Falcioni. Con Italiano ho un ottimo rapporto. E’ deciso quando parla, tira fuori il meglio dai suoi giocatori. Noi come squadra cerchiamo di ascoltarlo e di imparare da lui”.

DUE GOL DI RAPINA. “E’ il metodo Gallardo, pressavo il portiere anche 16 anni. A Firenze in allenamento prepariamo questa situazione, Vincenzo ci chiede di farlo. E’ una caratteristica che ho, cerco di non perderla e di tenerla sempre con me. Dove mi piace giocare? Punta, sottopunta, mi piace giocare con la palla tra i piedi”.

IL TORO. “Ovviamente il paragone con Lautaro mi lusinga, sta facendo una grande stagione, 22 gol è un numero incredibile. L’ho avuto anche come compagno in nazionale: ho imparato tanto guardandolo giocare. Non ho un giocatore di riferimento: cerco di imparare da tutti, anche da miei compagni che vedo ogni giorno in allenamento”.

OBIETTIVO. “Penso che, prima di tutto, dobbiamo tenere i piedi per terra, lavorare con umiltà e sacrificio, per cercare di arrivare il più in alto possibile. Si parla di fare un miglior campionato dell’anno passato, cercheremo di dare tutto ciò che abbiamo a nostra disposizione. Europa? L’obiettivo è quello, sì”.

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