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Battistini: “Finale Uefa con la Juve? Non c’era il Var, ma tre indizi fanno una prova”

Alla Fiorentina tra il 1985 e il 1990, con quella finale di Coppa Uefa persa contro la Juve: “Agli arbitri qualcosa scappava…”

Sergio Battistini, ex giocatore anche della Fiorentina tra il 1985 e il 1990, ha parlato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Queste alcune sue parole: «La maglia di Maradona? Sì, rimane un ricordo troppo bello. Mi fece i complimenti perché l’avevo marcato bene senza falli. Era un’amichevole Milan-Boca nell’81, avevo 18 anni, ma forse lui non era al 100%, altrimenti era un problema. L’ho ritrovato al Napoli, con il Milan. Liedholm mi diceva: “Gioca nella tua zona, ma non marcarlo”. Infatti feci gol io. Partivo e lui non mi seguiva».

I suoi cinque anni in viola si chiusero con la finale contro la Juve, che si prende il trofeo. Era la prima tra italiane e un suo compagno gridò in tv: ladri. Che cosa successe? «A Firenze la Juve la odi o la ami. E bisogna anche saper vincere in bellezza. Io non sono un tipo che insinua i sospetti, non c’era il Var, qualcosa scappava agli arbitri. Non posso dire se fosse volontario. Diciamo che tre indizi fanno una prova».

A Firenze diventò libero? «Pensi che io nasco centravanti. Poi nelle giovanili del Milan Italo Galbiati mi mette a centrocampo. A Firenze arriva Eriksson e vara la difesa a quattro, con me al centro. Proprio da libero il Trap mi vuole all’Inter e ritorno a Milano. Vinco due volte la Coppa Uefa. Finalmente».

Dopo la fine della carriera ha allenato, prima in D e poi nelle giovanili. È difficile lavorare con i ragazzi post Duemila? «Settore giovanile con Fiorentina e Spezia, poi basta. Ho visto che non era più il mio calcio. Mi piaceva con i ragazzi, mi rapportavo bene con i genitori, poi è importante avere una società con persone competenti. Il lavoro di un allenatore non è vincere, è far crescere i ragazzi, insegnare i gesti tecnici, non la tattica. Quella si fa con gli Allievi, in Primavera. Un allenatore di settore giovanile deve insegnare cose che adesso si vedono poco. I cross, per esempio. Guardo qualche partita in A: arrivano sul fondo e tornano indietro anziché crossare. Se fossi un attaccante manderei a quel paese i compagni. Una volta la mettevi dal fondo e l’attaccante attaccava la porta: si faceva gol. Adesso è tutto avanti e indietro, avanti e indietro. Mi annoio, preferisco il tennis».

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