La stagione dei viola può ancora regalare qualcosa di inimmaginabile in estate. Ma serve compattare l’ambiente e dare continuità ai risultati
Le nonne dicevano che prima di fasciarsi la testa bisogna rompersela ed è tuttora un buon consiglio. Ci sono tutte le condizioni perché la stagione della Fiorentina finisca molto meglio di come è cominciata. Insomma basta e avanza per dire che il catastrofismo, l’isteria, le baruffe, è meglio riservarle ad altri momenti. Ci sono però anche proverbi fatti per essere smentiti. La matematica non è un’opinione, per esempio. Scrive Cappellini su la Repubblica.
Qualche volta i numeri possono esserlo, una opinione, perché è chiaro che la nostra classifica è pessima. Ma nessuno può sostenere che il quattordicesimo posto di oggi sia paragonabile ai quattrodicesimi posti, o peggio, dell’era Montella-Iachini-Prandelli. Quella era un Fiorentina che le buscava da quasi tutti meritando di buscarle. Squadre senza capo né coda che non davano mai alcun segno di vitalità. Sarebbe a dir poco ingeneroso dirlo della Fiorentina di Italiano. Questo non significa che nei bassifondi della classifica ci siamo finiti per caso.
I limiti della rosa restano evidenti e forse non abbiamo ancora finito di pagarli a rate. Però non c’è paragone con gli anni in cui si annaspava davvero. Con il Verona bisogna mettersi al riparo da ansie e dimostrare che la squadra sta imparando a tenere botta su tre fronti. Cosa che non si impara dall’oggi al domani. Per il resto abbiamo un piede in finale di Coppa Italia, fate pure gli scongiuri, e concrete possibilità di prenderci i quarti di Conference League. D’accordo, né in un caso né nell’altro ci siamo arrivati eliminando il Real. Ma nelle Coppe funziona così e quello che conta è mettere la firma alla fine. Quando diventa irrilevante come sei arrivato al traguardo e importa solo tagliarlo davanti agli altri.
Di
Redazione LaViola.it