ATTO VOLONTARIO. «Si è molto parlato di questo taglio come una scelta non solo “obbligata” moralmente o razionalmente, ma anche inevitabile, per un supposto ed invocato intervento impositivo del Governo. A mio avviso, questa “minaccia” non regge. Mi spiego: lo Stato interviene, come è sempre successo, per tutelare i lavoratori e le aziende, concedendo e sovvenzionando strumenti che garantiscono l’occupazione in momenti di crisi. Ma non vedo come lo Stato possa obbligare i dipendenti ad accettare il taglio dello stipendio, soprattutto quando si tratti di lavoro iper-qualificato, fortemente richiesto sul mercato e regolato da contratti a tempo determinato, i cui contenuti economici sono negoziati individualmente».
ESTERO. «In Francia, il governo può mettere a disposizione di qualsiasi impresa – incluse quelle calcistiche – un ammortizzatore sociale e l’impresa lo utilizza, se vuole. Ma il dipendente che si vede decurtare il corrispettivo del 30%, si tratti di un super-manager o di un difensore centrale, con un mercato disposto a pagare il 100% dell’ingaggio, non può rimanere ingabbiato; inchiodato per legge alla banca o alla società calcistica che – legittimamente – gli vuole tagliare lo stipendio. Sarebbe un effetto perverso, gravemente penalizzante per quello stesso lavoratore che la misura legislativa serve a tutelare».
SI PUO’ ABBANDONARE IL CLUB. «Se da un lato c’è il diritto del datore di lavoro di applicare la misura disposta dallo Stato, dall’altro il dipendente che ha alternative (che è richiesto) deve poter esercitare il diritto costituzionale di libera iniziativa economica, svincolandosi e affidandosi al mercato. Pertanto, non vedo come si possa impedire per legge al calciatore di recedere per giusta causa dal contratto e trasferirsi ad altro club, in Italia o all’estero, una volta che il proprio club lo abbia informato di averlo messo in “cassa integrazione” al 70% dello stipendio. Insomma, ben vengano gli accordi per ridurre e posticipare gli stipendi; è la soluzione più giusta, intelligente ed efficace. Ma senza ultimatum».