Le motivazioni integrali della sentenza di condanna per omicidio colposo, in abbreviato, a un anno (pena sospesa) del professor Giorgio Galanti. I legali faranno appello
Una corretta diagnosi avrebbe potuto salvare la vita di Davide Astori: i segnali di una cardiopatia c’erano dal 2016 ma non vennero effettuati gli esami necessari e questo impedì l’accertamento della malattia. Queste le conclusioni contenute nelle motivazioni della sentenza con cui il gip Antonio Pezzuti ha condannato per omicidio colposo, in abbreviato, a un anno (pena sospesa) il professor Giorgio Galanti, direttore sanitario del centro di Medicina dello Sport di Careggi per la morte del capitano della Fiorentina. Così scrive il Corriere Fiorentino.
Astori, è la ricostruzione che fa il giudice, è morto per cardiomiopatia aritmogena, una patologia che inizia generalmente dopo la pubertà e porta alla progressiva morte delle cellule del muscolo cardiaco. Astori al momento della morte era al secondo stadio della malattia, nella fase pre-sintomatica. L’extrasistolia o la tachicardia ventricolare, rilevabile con un elettrocardiogramma basale, da sforzo o holter, sono un campanello d’allarme. Nel caso di Astori non c’era alcun sintomo e non c’erano segnali di scompenso cardiaco. «Tuttavia — spiega il gip — dai tracciati elettrocardiografici registrati nelle prove da sforzo annuali emerge una ripetuta documentazione di extrasistolia ventricolare. Nel luglio 2016 si osservano quattro extrasistoli isolate» che — prosegue il giudice — «non possono essere liquidate come di non rilevanza clinica, come ha fatto Galanti, senza aver eseguito adeguati accertamenti rivolti a escludere una patologia cardiaca a rischio di morte improvvisa».
«Omettendo l’Holter Galanti ha impedito in radice ogni ulteriore accertamento». Holter — prosegue il gip — che avrebbe dovuto essere eseguito già nel 2016 e poi nel 2017: si tratta di «un esame niente affatto invasivo, di facilissima esecuzione, di basso costo e privo di controindicazione. La scelta di Galanti di non procedere a questo esame non solo si presenta negligente e imperita ma anche del tutto assente di una pratica giustificazione, tenuto conto dell’impegno sportivo di Astori come calciatore professionista ai massimi livelli». Infine, come ha accertato l’inchiesta del pm Antonino Nastasi, la risonanza magnetica «avrebbe sicuramente, o con un altissima probabilità, rilevato l’esistenza della malattia».
«Se Galanti avesse correttamente avviato l’iter diagnostico, sicuramente all’esito della risonanza magnetica e molto probabilmente anche dopo l’Holter, sarebbe stata prescritta ad Astori la sospensione dell’attività sportiva» e avrebbe comportato «l’installazione di un impianto di defibrillazione e ciò avrebbe escluso la morte del calciatore». Invece, dopo il primo errore diagnostico Astori «ha continuato a giocare per molti anni incrementando così il rischio di morte, che è di cinque volte superiore a quello in capo a un non atleta professionista».
«Faremo appello – dice l’avvocato Sigfrido Fenyes, difensore di Galanti, a La Nazione – non condividendo la decisione ed il percorso argomentativo della sentenza, con riferimento alla colpa ed, in particolare, al nesso di causa, laddove il tribunale si discosta inspiegabilmente da consolidati punti di arrivo della giurisprudenza di legittimità». A ottobre, Galanti dovrà nuovamente tornare in aula per un’altra costola del procedimento: la presunta falsificazione di un esame fatto ad Astori.
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Redazione LaViola.it