Tuttosport racconta da vicino la giornata di ieri dei genitori di Astori a Gerusalemme, insieme a Chiesa e ai viola.
Abbiamo visto una madre e un padre. Inerpicarsi su questi sentieri della vita, sempre in salita da più di un anno, ormai. E li abbiamo visti con tanti bambini attorno. Bambini di Gerusalemme. Della parte armena della città. E quella madre e quel padre avevano lacrime da asciugare. E quei bambini, piccoli di statura, alti nella gioia, erano ai loro piedi. E chissà cosa comprendevano, di quelle lacrime adulte. Perché loro erano felici, felicissimi. Avevano un pallone. Ed erano in piedi sul loro campo da calcio, l’unico della città vecchia di Gerusalemme. E poi c’erano i giocatori, lì vicino. Quelli veri. I campioni. Quelli che si vedono alla tv. I viola: Chiesa, Vitor Hugo, Montiel. Accompagnati dai loro dirigenti. Il grande Antognoni. Il vicepresidente Salica. E la signora Turra. E poi i cagliaritani: Barella, Pisacane. Il dg Passetti. E Cossu. Accanto alla scuola si distende questo campo in erba sintetica per il calcio, il basket, il tennis, creato dal nulla 3 anni fa grazie alle donazioni di una ventina di sportivi famosi e all’attivismo di Luca Scolari, manager filantropo. Così scrive Tuttosport.
MATTONELLA. Quella madre e quel padre sono i genitori di Davide Astori. La signora Giovanna, il signor Renato. Seguiti dai loro figli, i fratelli di Davide: Bruno e Marco. All’ingresso del campo, tra le mattonelle di ceramica murate con sopra i nomi dei donatori, una fosse bianca. Fosse ancora tutta bianca. Ma poi proprio Scolari ha preso la parola. Ha tentato di dire: «Quella mattonella avrebbe dovuto firmarla Davide. Perché Davide mi era vicino in questa iniziativa. E anche Davide sarebbe dovuto essere qui, oggi». Avrebbe dovuto dirlo. Ma non ce l’ha fatta. E’ riuscito a pronunciare solo metà frase. E poi si è commosso.
COMMOZIONE. Così i genitori di Davide hanno firmato la mattonella col nome del figlio. Mamma Giovanna: «Le mie saranno lacrime di madre per tutta la vita. Ma momenti come questi donano un po’ di conforto. Sapete: ogni tanto pare di averlo ancora qui con noi, Davide». Il fratello Bruno: «I valori di Davide erano valori scritti nel silenzio delle opere, dei comportamenti. Senza fare rumore. L’incredibile affetto che è sgorgato non solo in tutta Italia per lui e per tutti noi dopo la sua morte è la dimostrazione che il suo insegnamento non è stato vano. A maggior ragione in una società e in un periodo storico in cui i valori positivi sono sempre di meno. Sono sempre più schiacciati».
Ancora la mamma: «Un giorno la figlia di Davide, Vittoria, che ora ha 3 anni, verrà qui. E anche da queste cose capirà chi fosse suo padre. Un padre che ha conosciuto, ma senza avere il tempo di conoscerlo». Il fratello Marco: «Lo sentiamo, Davide. E lo vediamo nei racconti di chi ci ha rivelato i suoi atti di solidarietà e beneficenza, che faceva senza dirlo a nessuno. E non soltanto nella nostra terra bergamasca». La mamma: «E’ difficile parlare, nel dolore. Lo scrissi in una lettera: non dimenticatelo, Davide». Papà Renato: «Qui è come un oratorio. La scuola, il campo da calcio a fianco»: la stessa cosa a Betlemme. «E mio figlio iniziò proprio in oratorio a giocare a pallone. E’ la prima volta che veniamo a Gerusalemme. Sulla strada che dall’aeroporto di Tel Aviv ci ha condotto qui abbiamo visto un territorio straordinariamente militarizzato. Non si riesce a trovare la pace, in Medio Oriente. Ma questo campo è un campo in cui si semina proprio la pace». I due fratelli, a turno: «Con tanta emozione e commozione nel cuore stiamo cercando di portare avanti gli insegnamenti di Davide. La solidarietà. Il rispetto. La fratellanza». «Gli aiuti per i bisognosi, per i meno fortunati». «La semplicità». «Lui non c’è più, ma il suo messaggio non muore». E di nuovo la madre: «Quando ho cominciato a firmare la mattonella col nome di mio figlio ho sentito dentro, all’improvviso, un’energia misteriosa. E mi è parso che Davide mi tenesse la mano e scrivesse lui per me».
