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Aspettando il giorno del giudizio sul ciclo Italiano. Ma da Pioli arriva una ‘lezione’
Ad Atene in palio un trofeo, ma anche la chiusura del triennio Italiano. Critiche ed errori, ma ha preso una Fiorentina in crisi e l’ha portata in alto
In palio un trofeo che Firenze aspetta da 23 anni. Ma anche la degna chiusura di un ciclo che ha riportato la Fiorentina stabilmente in Europa. Ad Atene la posta in palio sarà alta, altissima. La terza finale in due anni, dopo la doppia mazzata tra Praga e l’Olimpico della scorsa stagione. La voglia di superare quelle amarezze, il senso di rivincita, la volontà di regalare una gioia a Firenze, a una città speciale, a Rocco Commisso e alla memoria di Joe Barone. Insomma, una carica unica per un appuntamento da non sbagliare.
COPPE E GAP ACCORCIATO. Ma c’è anche la voglia, grande, di chiudere al massimo questo triennio. Che sia la fine del ciclo Italiano lo sanno tutti, dentro e fuori lo spogliatoio. Il tecnico saluterà, così come tanti giocatori. Ad Atene scatterà quindi il giorno del ‘giudizio’ su questo percorso. Un ciclo che ha visto la Fiorentina qualificarsi alle coppe europee per tre anni su tre, che ha regalato tre finali e tre semifinali (mettiamoci pure la Supercoppa) su sei coppe alle quali ha partecipato. Che ha visto, forse soprattutto, accorciarsi quel gap con le grandi, le famose ‘sette sorelle’. Sembrava impensabile nell’estate 2021.
PREGI E DIFETTI. Eppure in questo triennio le critiche nei confronti dell’allenatore (così come per la società) non sono state lievi. Anzi. Per uno stile di gioco ultra offensivo che ha presentato pregi (tanti) e difetti, questi ultimi pagati a caro prezzo specie in alcuni momenti cruciali del percorso (anche se, nei numeri, in campionato la Fiorentina ha subito 138 gol in 113 partite, in linea con Atalanta e Bologna, una decina in più – in tre anni – di Milan, Roma e Lazio). Forse, anche, per uno stile comunicativo dello stesso Italiano che qualcuno non ha mai apprezzato, per la difesa ad oltranza del suo gruppo e del suo modo di intendere calcio. Ma è una mentalità, una filosofia, che ha permesso alla Fiorentina di crescere attorno ad un’idea precisa, ad imporsi in Europa e a giocare alla pari quasi sempre contro le big in Italia, a coinvolgere giocatori non fenomenali che si sono riconosciuti e per certi versi esaltati in un contesto simile. Basta chiedere ai diretti interessati: non ce n’è uno che vada contro l’allenatore o questo tipo di calcio, nonostante i rischi tattici che questo comporta.
LA ‘LEZIONE’ DI PIOLI. Il giudizio, insomma, arriverà dopo Atene, perché tornare o meno a Firenze con un trofeo farà tutta la differenza del mondo. Tra un buon percorso e un ciclo che resterebbe nella storia. Eppure da un ex viola, sempre apprezzato, come Stefano Pioli, è arrivata nei giorni scorsi una ‘lezione’ che può far riflettere. “In questi anni abbiamo fatto salire le aspettative di tutti, ora sembra che un secondo posto sia un risultato scadente. Sapete benissimo che non è così”, aveva detto il tecnico del Milan prima dell’ufficialità dell’addio. “Io valuto il mio lavoro, da sempre e ovunque ho lavorato, per quello che trovo da allenatore e per quello che lascio. E poi dopo ognuno farà le valutazioni che deve fare. Io ho trovato certe situazioni, lascerò il Milan in un’altra situazione. Altre cose sono molto chiacchiere e pochi contenuti”. Pioli ha preso il Milan nell’ottobre 2019 al 10° posto (dopo gli anni complicati tra Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso e Giampaolo), lo ha riportato a vincere lo Scudetto dopo 11 anni, per due volte è arrivato 2°, è arrivato in semifinale di Champions.
DALLA SALVEZZA ALL’EUROPA. Ecco, il concetto di valutare ciò che si è trovato e ciò che si lascia può aiutare poi nei giudizi finali anche sul ciclo Italiano. Il tecnico siciliano arrivò a Firenze il 1° luglio 2021, due settimane dopo il brusco divorzio con Gattuso. Prese una squadra che l’anno prima, con Iachini e Prandelli, si era salvata a due giornate dalla fine totalizzando appena 40 punti, il campionato peggiore dal ritorno in Serie A in termini di punti. Italiano ha portato la Fiorentina 7° al primo anno (con un gruppo molto simile all’anno precedente, a parte Gonzalez, Torreira e Odriozola) e 8° le due stagioni successive (quest’anno è ancora in corsa per il 7°), posizioni buone per l’Europa. E poi, come detto, le tre finali e le tre semifinali nelle coppe.
TECNICO E SOCIETA’. Si poteva fare di più, è evidente, poteva fare meglio e diversamente in tante situazioni lo stesso Italiano, che si è misurato per la prima volta in una piazza come Firenze e poi anche in Europa. Poteva far meglio la società, che ha privato il gruppo del capocannoniere Vlahovic a gennaio 2022 quando la squadra era in corsa per la Champions, vendendolo a chi poi ha superato i viola per il 4° posto, oppure investendo meglio i 120 milioni incassati da Dusan e da Chiesa, o ancora magari supportando i sogni di un gruppo che a dicembre 2023 era 4° ma in evidente difficoltà crollando poi in classifica, inevitabilmente, nei mesi successivi.
UNA BASE SU CUI (DOVER) COSTRUIRE. Però, al di là di tutto, bisognerà considerare un prima e un dopo. La Fiorentina in tre anni è passata dalle salvezze sudate ad un ruolo importante in Italia e in Europa. Arrivando a giocarsi un trofeo in ben tre occasioni (sperando che la terza sia la volta buona). Un triennio che ha fatto crescere la società, a livello economico e di ambizioni. Che ha creato più aspettative, senz’altro. Ma dal quale poter (e dover) ripartire per provare ad alzare l’asticella. Chiunque arriverà dopo Italiano troverà una base sulla quale poter lavorare.