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Armando Ferroni, il difesnore dalla faccia d’angelo: “Che nostalgia del villino viola”

A inizio stagione non partiva mai titolare, eppure in maglia viola ha giocato più di 100 partite e ha sfiorato uno scudetto. Armando Ferroni era un difensore tenace e veloce, un marcatore duro ma leale. Un casco spettacolare di riccioli su un volto gentile, sorriso sempre pronto e accattivante. Un Jim Morrison con la faccia da angioletto, un idolo per le ragazzine che rivedevano in lui il cantante leader dei «Doors«. «Quando entravo in squadra _ ricorda con orgoglio _ era difficile togliermi il posto.
Anche perché di solito ottenevamo subito buoni risultati e, si sa, squadra che vince non si cambia«. Armando Ferroni debuttò in serie A non ancora diciottenne, il 25 marzo 1979, lanciato dall’allenatore Paolo Carosi: Verona-Fiorentina 0-1. La domenica dopo seconda maglia da titolare e altra vittoria sull’Avellino, sempre per 1-0. «Avevo realizzato il mio sogno. Ero arrivato a Firenze nel 1975, a 14 anni, dalla Omi Roma e ho vissuto a lungo nel villino dei ragazzi della Fiorentina. Ero molto amico di Bruni, con il quale ho giocato negli Allievi e in Primavera. La società era molto attenta al rispetto degli orari, alla nostra frequenza scolastica e al rendimento sui libri. Ricordo con affetto il ‘maresciallo’, un sottufficiale dei carabinieri in pensione, che ci teneva d’occhio. Era il periodo della famosa linea verde della Fiorentina. Il mio esordio in serie A fu una sorpresa e una grande soddisfazione. Da allora rimasi con la prima squadra».

Nella stagione successiva le sue presenze furono 21 e coincisero in gran parte con la serie di 16 risultati utili consecutivi della squadra viola, sesta dopo essere stata in lizza per il secondo posto fino a due giornate dalla fine del campionato. «Carosi ce lo diceva sempre: ‘Fate la cosa più bella del mondo, vi piace e vi pagano pure’. Furono davvero anni eccezionali».
L’esonero di Carosi e l’arrivo di De Sisti sulla panchina della Fiorentina non ridussero le presenze di Ferroni, sempre pronto a prendersi una maglia da titolare e a tenersela ben stretta. Armando si adattò con successo nel ruolo di stopper al posto del ‘gigante’ Guerrini e fu uno dei più impiegati anche nel campionato successivo, quello del secondo posto. Cuccureddu si infortunò e «Jim Morrison» giocò 27 partite su 30, compresa l’ultima a Cagliari.
«Di quel giorno di grande delusione mi piace ricordare la marea di tifosi viola, uno spettacolo che avrebbe meritato un altro finale». Oltre agli amici Bruni, Sacchetti, Galli e Sella, citazione d’obbligo per un grande difensore: Daniel Passarella. «Era un leader nato, al suo arrivo a Firenze ebbe qualche difficoltà ma ci disse: ‘Appena imparo l’italiano, vedrete chi è il vero Passarella’. Aveva ragione».
Ferroni ha affrontato fior di campioni, le sue domeniche sono state sempre complicate. «Ho marcato con successo Causio, Conti, D’Amico, Zico, Maradona, Platini, ma l’avversario più forte è stato Michael Laudrup. In un Fiorentina-Lazio (3-2, 15 aprile 1984) mi fece girare la testa».
L’emozione più grande dei suoi nove anni in viola è però legata allo stadio Olimpico di Roma. «Da ragazzino vidi un derby Roma-Lazio insieme a un mio amico e pensai: ‘Chissà se un giorno riuscirò a giocare in questo stadio’. Ce l’ho fatta, grazie alla Fiorentina». Ferroni ha lasciato Firenze nel 1984, con 102 presenze e nessun gol, e ha proseguito la sua carriera in serie A nell’Avellino e nel Genoa. Dopo il suo ritiro nel 1993, si è stabilito nel capoluogo ligure e da dieci anni lavora con le squadre giovanili del club rossoblù: è l’attuale allenatore dei Giovanissimi Nazionali.

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