Una partita strana. Fatta di molte frazioni diverse tra di loro, molte variabili, molti episodi. Quasi tutti a sfavore della Fiorentina, a dir la verità, tra errori ‘controllabili’ e ‘non controllabili’, come direbbe Sousa. Già, il portoghese. Partiamo da qui, anche per l’ordine cronologico della serata milanese. Da quel 3-0 che recitava il tabellone dopo 19′ a San Siro. Un approccio shock, tanta disattenzione, velocità diversa da un’Inter apparsa subito ‘cattiva’ e determinata. Questione di testa ed intensità, anche se a dire il vero la reazione c’è poi stata. Soprattutto dopo il primo gol di Brozovic. Peccato poi che la Fiorentina si sia da subito allungata, subendo ripartenze in serie dell’Inter con il raddoppio di Candreva (Tatarusanu molto incerto) e il tris di Icardi (Gonzalo e Astori molto in affanno). Errori dei singoli e di reparto, in generale molta disattenzione.
A questo punto è uscita la squadra di Sousa, ed è paradossalmente iniziata un’altra partita. Fatta di orgoglio e determinazione, per un risultato a sfavore inspiegabilmente subito largo, e soprattutto per le sciagurate decisioni prese in serie da Damato. Prima un rigore solare non dato per fallo di Miranda su Gonzalo, poi il rosso (altrettanto inspiegabile) al capitano viola. Nel mezzo, Kalinic che accorciava le distanze. Ma Fiorentina fortemente frenata dall’arbitro di Barletta. Che però non toglie la ripresa a cuore aperto dei viola.
Segno, comunque, che la squadra c’è. Ed è anche con l’allenatore. Personalità e rabbia, l’Inter esce dalla gara, rivive le paure di giovedì in Israele. E la Fiorentina spinge, trascinata da un super Ilicic (che accorcia sul 3-2), da un Borja capitano a tutto campo, ma anche da Badelj e Astori, dal sacrificio di Kalinic. Insomma, i pilastri di Sousa si prendono sulle spalle la Fiorentina. Ma qui parte l’ultima fase della gara. Quando Sousa inserisce prima Chiesa per Bernardeschi (in difficoltà), poi Perez (classe ’98, esordiente assoluto) per Tello (gravemente insufficiente e irritante per tutta la gara).
Cambi che fanno discutere (“avevo bisogno di gente fresca che sapesse saltare l’uomo”, ha detto Sousa nel post-gara): si poteva fare diversamente? Magari si poteva inserire un sempre imprevedibile Zarate, o Vecino? Oppure Babacar? Facile parlare a posteriori, ovviamente: fatto sta che a questo punto la carica viola si affievolisce (ma non perché Bernardeschi e soprattutto Tello avessero fatto sfracelli, anzi), Perez risulta timido sul pesante (per l’atmosfera) campo di San Siro e ben poco viene servito dai compagni, anche quando ha spazi importanti nell’area nerazzurra. Chiesa un po’ ci prova, ma anche lui non può strafare in un contesto nuovo e complicato. È magari anche un messaggio (l’ennesimo?) da parte di Sousa alla società, come a dire ‘avevo solo loro in panchina’. In effetti, il portoghese non avrebbe torto, pensando ad una coperta che sugli esterni resta corta. Specie quando Tello e Bernardeschi sono fuori dal gioco come stasera, e urgono ricambi freschi. A gennaio, evidentemente, bisognerà fare qualcosa sulle fasce. Lo stesso Chiesa jr è protagonista dell’ultima recriminazione viola della serata milanese, con il fallo subito non fischiato da Damato che poi apre al poker di Icardi.
“Damato non era in forma, ha preso decisioni che lasciano perplessi. Ha condizionato la partita”, ha attaccato Corvino dopo la gara. Da direttore navigato, Pantaleo ha fatto sentire la voce della Fiorentina, allentando in più la pressione sullo spogliatoio, ma anche su Sousa, e su quell’approccio shock. Un doppio intervento da pompiere, di Corvino, prima e dopo la gara con l’Inter. Resta comunque la reazione della squadra, quei 70′ di rincorsa, un’ora con l’uomo in meno a dominare gli avversari impauriti.
Quel ‘contro tutti e tutto’ che può servire a far quadrato, a far dare a tutti quel qualcosa in più. Anche se le incomprensioni interne restano. Ora una settimana di riflessione, al nono posto, a -8 dal quinto posto e dall’Europa League. Per capire se la falla tra proprietà, Sousa e tifosi si può davvero (almeno parzialmente) rimarginare. Al di là dei proclami di unità e delle parole. Prima delle somme che verranno, necessariamente, tirate a fine stagione.
Di
Marco Pecorini