Lunga intervista di Federico Chiesa rilasciata al Corriere dello Sport. Il direttore Ivan Zazzaroni autore della chiacchierata con Federico, la dedica in apertura ad Alessandro Rialti. La prima intervista di Chiesa dopo tanto tempo, voleva farla lui
«Con questa intervista vorrei trasmettere un segnale positivo a tutte le persone che in questo momento soffrono, sono angosciate e non riescono a immaginare un domani. Il mio è un messaggio di fiducia. Siamo assistiti da medici bravissimi, sono gli eroi del momento, stanno facendo un lavoro straordinario e vorrei davvero ringraziarli. Non dobbiamo avere paura. Io non ne ho, ho soltanto voglia di tornare in fretta al calcio, alle partite, al campionato. Dobbiamo chiudere una stagione, noi in particolare abbiamo il dovere di raggiungere la salvezza». Esordisce così Federico Chiesa, carico come non mai e deciso a tornare in campo per conquistarsi qualcosa sul campo.
La Fiorentina è una delle società più colpite dal virus. Due giorni fa si sono registrate altre sei positività.
«La squadra è consapevole del momento, ma ha grande fiducia nello staff medico, sa di essere seguita con tutte le attenzioni e vuole riprendere a lavorare. Sento spesso il dottor Pengue, una mente brillantissima. Lui ci rassicura. La notizia delle nuove positività non ci ha turbati».
Parole che riempiono il cuore, Federico.
«Non sono mai stato fermo per due mesi e la cosa mi pesa. Anche se ho lavorato parecchio, siamo professionisti. Ci siamo allenati costantemente seguendo il protocollo che trasmetteva ogni giorno Iachini».
Il suo arrivo ti ha restituito il sorriso. Solo una mia impressione?
«Venivo da mesi difficili, non avevo svolto la preparazione che serve al mio fisico. Due settimane dopo la fine dell’Europeo Under 21 ero già in America con la squadra. Quando è arrivato Iachini stavo recuperando dall’infortunio alla caviglia e invece di partire per le Maldive, dove avevo programmato una breve vacanza, ho svolto una preparazione personalizzata, le indicazioni me le dava il suo staff. Quindici giorni che mi hanno rimesso in condizione, il sorriso è tornato di conseguenza».
Tuo padre ti segue sempre come un’ombra.
«Tanti dicono che avere un padre che ha fatto il tuo stesso mestiere e per di più alla grande sia un peso. Per me è un vantaggio, un enorme vantaggio. Il rigore, l’attitudine al sacrificio e l’educazione che mi hanno impartito lui e mia madre mi danno una forza incredibile. Mio padre non è mai entrato nelle cose del campo, ma mi ha sempre aiutato nei momenti difficili, anche lui perché ne ha vissuti tanti».
Lui era la tecnica.
«Destro e sinistro, fantastici. Due piedi indistinguibili. Come Hamsik. E un senso del gol che ancora me lo sogno. Sono differenti anche i nostri percorsi, io a diciotto anni ero già in Serie A, lui è maturato a 26. Ho sempre avuto un debole per i giocatori tecnici, il mio idolo era e resta Kakà, anche se Ronaldo il Fenomeno…».
Sapevi che tuo padre fu la ragione principale per la quale nel ’97 Baggio non passò al Parma? Ancelotti l’aveva eletto a giocatore di riferimento.
«Non lo sapevo, certo Baggio è stato uno dei più grandi di sempre, ma mio padre non era da meno».
Lo farai contento. Sbaglio o è lui l’unico a seguirti nelle trattative?
«Non ci sono trattative in corso, c’è la Fiorentina. Non ho un procuratore, con la società parlo io e lui è sempre al mio fianco. È il mio assistente personale (sorride). Non abbiamo mai preso in considerazione l’idea di avere un agente. In futuro chissà. Quella voce che mi accostava a Totti era una fake news, Francesco è stato il primo a contattare la società per chiarirlo».
Più forte il padre o il figlio?
«Quando segnerò 22 gol in 27 partite come fece lui a venticinque anni nella Samp potrò rispondere a questa domanda».
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Di
Redazione LaViola.it