Nella sua intervista concessa al Corriere dello Sport, la leggenda viola parla anche di alcuni episodi significativi del passato
«E’ successo tutto nel giro di una stagione… Rivivo quei momenti nella storia dei miei 70 anni, tra fortuna e sfortuna».
L’incidente con Silvano Martina e poi quello con Luca Pellegrini quanto le hanno portato via della sua carriera?
«Abbastanza. Il più pesante è stato il secondo. Quello di Martina, anche se era più grave, mi ha portato via poco, saltai 15 partite. Miani mi sostituì bene, ma se ci fossi stato io in condizioni ottimali… Avevo 27 anni, ero nella piena maturità».
Cioè la Fiorentina quella stagione avrebbe vinto lo scudetto…
«Con me, penso di sì. Senza nulla togliere a Miani, ovviamente. Almeno un punto in più o due li avremmo avuti… (ride, ndr). Certo, poi gli episodi ci hanno danneggiato. Se a Cagliari ci fosse stato il Var…».
Un legame con Firenze fortissimo, ma c’è stata veramente una volta in cui la sua carriera poteva andare da un’altra parte?
«Due volte: nel 1978 con la Juve e nel 1980 con la Roma. Dopo i Mondiali in Argentina la Fiorentina mi chiamò e mi disse che si erano fatti avanti i bianconeri. Poi due anni dopo, quando entrarono i Pontello, io e mia moglie andammo a casa del presidente Viola. Liedholm mi voleva a tutti i costi. Alla fine, entrambe le volte, ho scelto io di restare a Firenze. Nel 1980 la Fiorentina aveva una proprietà nuova, che aveva buone intenzioni. E infatti per quattro stagioni siamo stati al vertice. E oggi, a 70 anni, i tifosi mi ripagano del fatto che non li ho mai traditi. Martedì prossimo mi fanno una festa a Firenze: non so se l’avrebbero organizzata se fossi andato via tanti anni fa…».
«Quello fu un prepensionamento. Ero appena rientrato dall’ennesimo infortunio, era arrivato Baggio e non mi andava di rompere le scatole. Decisi di accettare il Losanna».
Ugolini, Melloni, Martellini, Pontello, Cecchi Gori, Della Valle, Commisso: tanti i suoi presidenti, da giocatore e da dirigente. A chi è rimasto più legato?
«Di solito si ricorda sempre chi ha avuto più fiducia in te. Ugolini mi portò a Firenze pagandomi molto. Però tutti mi hanno voluto bene, per questo sono rimasto così tanto alla Fiorentina. Con i Pontello ho vissuto la parte migliore della mia carriera calcistica, con Cecchi Gori sono stato dieci anni dirigente».
Da dirigente, però, i due divorzi dalla società viola sono stati sempre traumatici: è difficile da spiegare.
«Con Vittorio Cecchi Gori ebbi una discussione (febbraio 2001, ndr), voleva sostituire l’allenatore, Terim, e in quel momento non lo ritenevo giusto: è chiaro che comandano i presidenti, ma se ti mettono a fare un ruolo, quel ruolo almeno va rispettato. C’è chi rimane e c’è chi va via. Io andai via con il contratto, lasciai dei soldi».
Di
Redazione LaViola.it