Nel fondo di Stefano Cecchi, sulle pagine de La Nazione in edicola stamani, si parla di quei decisivi minuti che hanno visto protagonista Amrabat
Ha provato a rincorrere l’avversario col cuore fuori giri di chi è consapevole del proprio errore. Poi, quando la rete alle spalle di Terracciano s’è gonfiata a certificare il danno causato, s’è messo la maglia sul volto a voler scomparire dallo stadio. Ci sono attimi che determinano i destini nello sport. In quell’attimo poteva arrendersi, Sofyan Amrabat. Poteva dire: ma possibile non me ne vada bene una?, e alzare bandiera bianca. Invece ha fatto altro. Ha pescato dal fondo dell’animo le energie rimaste e, quando mancavano due minuti al 90°, il gol meraviglioso della vittoria lo ha realizzato lui. Calcio e sovrannaturale. Perché son convinto che ci sia stato un dio benevolo del calcio a soffiare forza su quella palla che ha uccellato Provedel, in una gara che per Sofyan era una sorta di ultima spiaggia.
Lui, uno dei fallimenti più onerosi della Fiorentina targata Commisso, rimesso al comando del centrocampo per l’assenza di Torreira, con tutta la tifoseria che lo osservava scettica: «Vedrai che anche stavolta...».Invece, a sorpresa, per 78 minuti era stato uno dei migliori in campo, dragando palloni all’avversario da rilanciare in avanti. Ciò che non gli era riuscito per mesi, adesso stava riuscendogli alla grande.
La fine ingloriosa della sua storia viola era lì, dietro l’angolo di quel gol preso per un errore da principiante. Poteva eccome arrendersi alla fortuna avversa, Sofyan Amrabat. Invece, soffrendo come solo gli operai del calcio sanno fare, ha preso il mano il proprio destino e lo ha corretto. E adesso questo mediano di fatica e di corsa, questo proletario del pallone è lì, pronto a ipotizzare un finale diverso del suo futuro a Firenze, grazie a quell’enorme santuario di redenzione chiamato sport.
Di
Redazione LaViola.it