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Altro che partita dell’ex: ancora non è giunta l’ora di Bernardeschi

Aveva visto Morata, centellinato per mesi prima di esplodere. Aveva visto Dybala sgomitare un bel po’ e poi trovare il suo posto nel mondo. Per questo Federico Bernardeschi non ha battuto ciglio appena saputo che non giocherà dall’inizio contro la “sua” Fiorentina: conosceva già prima il metodo Allegri, il rigido cursus honorum imposto ai baby di talento. Così, da bravo soldato, sta lavorando duro perché sa che il suo tempo arriverà. Non oggi nella partita a cui tiene di più, magari sabato per un derby mai banale.

Con la Viola era amore, nonostante quegli striscioni offensivi penzolanti al Franchi nei giorni caldi della trattativa. Da quel momento, Berna ha iniziato l’apprendistato bianconero, supportato anche da ottimi test fisici. È il segno di doti aerobiche non comuni, ma anche sulla tecnica il club ha pochi dubbi. L’atterraggio nel pianeta Juve è stato impegnativo, ma pur sempre comodo: qualche cena con i compagni più l’ala protettiva dell’altro carrarino Buffon. 4 mini-presenze (64 minuti totali) sono solo una base sulla quale ripartire secondo le direttive di Allegri: «E’ normale che si debba abituare: per conquistarsi uno spazio qui si lavora duramente e seriamente» ha aggiunto Max. Ma con una avvertenza decisiva per capire ciò che farà la differenza in futuro: «Serve un salto in avanti a livello mentale: una palla giocata nella Juve ha un peso diverso».

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