Editoriali

Alibi e attenuanti, con la sosta serve la mano di Palladino. Kean, habemus centravanti?

Published on

Cinque pareggi in cinque partite, la voglia di non perdere ma anche troppe fragilità. Firenze sostiene la squadra, ma serve un’altra Fiorentina

Cinque partite, cinque pareggi. Il playoff di Conference passato ai rigori contro una squadra modestissima, tre punti contro due neopromosse (anche se il Parma ha dimostrato di essere parecchio in forma e già pronto rispetto a chi ha i cantieri in corso) e una squadra, il Monza, sulla griglia di partenza destinata a viaggiare sul lato destro di classifica. Insomma, il bilancio del primo mini ciclo non può essere certo positivo. Tante difficoltà, estrema fragilità ad ogni attacco avversario, problemi a proporre gioco. Ma anche carattere, cuore, voglia di non perdere. Piccoli segnali da tenere stretti.

DI PIU’. È la classica situazione in cui si può vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. E l’impressione è che viste le tante attenuanti (mercato in forte ritardo, cambio radicale di sistema di gioco) ci sia soprattutto da prendere i pochi aspetti positivi che ci sono. Senza nascondere sotto al tappeto le evidenti difficoltà, è chiaro, perché altrimenti ci si farebbe solo del male. Ma anche Firenze, la piazza, la tifoseria ha capito il momento. Tutti si aspettano di più, tutti si aspettavano una goleada con la Puskas Akademia e almeno 7 punti in un avvio da calendario soft in campionato. Ma fischi veri sono arrivati ‘solo’ dopo la prova abulica contro il Venezia, poi dalla Fiesole e dal tifo organizzato è arrivato solo tanto, grande sostegno. Il corteo in motorino di domenica, gli applausi sia in Ungheria che dopo il Monza. È una Fiorentina in difficoltà, per tanti motivi. Però lecito anche aspettarsi una Viola diversa tra due settimane.

CARATTERE E PRIMI SEGNALI. Intanto quel che di buono si è visto in queste tre settimane. Il carattere, la voglia di non mollare mai. Le rimonte contro Parma, Monza e Puskas, più la resistenza quasi ‘eroica’ in 9 contro 11 in Ungheria. Ma anche su qualche singolo è bene soffermarsi. A partire da Kean. Quasi sempre a far la lotta da solo davanti, poco supportato dai compagni. Ma è un giocatore che profuma di centravanti. Per il fisico, il gioco spalle alla porta, e anche per i gol. Già tre in cinque partite, non male. Quando è stato preso nell’ottica di rappresentare finalmente un centravanti da tanti gol (quello mancato dal dopo Vlahovic) in tanti hanno storto il naso, ma via via si è capito che poteva far bene. E i primi segnali sono buoni: lui si sbatte, corre, detta i passaggi. E ha una fame incredibile di gol. Poi anche tra i pali è arrivato qualcosa, perché De Gea deve rimettersi al 100%, riassaporare l’adrenalina delle partite, ma ha già fatto capire perché ha giocato per tanti anni ad altissimo livello. Ma non solo, perché Dodo in quel ruolo in fascia va supportato ma può essere una freccia interessante, così come alcuni nuovi. Gli sprazzi di Richardson, le prime giocate di Cataldi e Adli, la corsa e la fisicità di Gosens (subito a segno).

TANTO DA FARE. Ma poi c’è anche tanto, tantissimo lavoro da fare. Durante la sosta, ovviamente, che cade a pennello. Ma forse non basterà neanche, perché l’impressione è che si sia solo all’inizio di un processo che richiederà tempo, più di due settimane in cui mancheranno sette giocatori (Pongracic, Kayode, Comuzzo, Bove, Richardson, Kean, Kouame, più Martinelli che però ora è terzo portiere). Firenze saprà aspettare? Vedremo, il calcio oggi va veloce per tutti e dopo la pausa ci saranno Atalanta, Lazio, il derby con l’Empoli e il Milan, oltre alla prima europea al Franchi contro il The New Saints. Non sarà semplicissimo, ma qualcosa in più si dovrà necessariamente vedere. In primis in fase difensiva, perché gli errori (a volte orrori) sono risaltati all’occhio nelle prime 5 partite. E non solo per i 7 gol subiti (contro squadre sulla carta inferiori) e per la serie di pali ed errori macroscopici degli altri che hanno in più occasioni pure salvato i viola, quanto per l’estrema fragilità dimostrata ad ogni attacco avversario.

LA MANO DELL’ALLENATORE. Va bene il cambio di modulo, ancor più di sistema di gioco, la condizione non ottimale, il rinforzo in teoria più importante dietro (Pongracic) che è palesemente in ritardo, ma certi errori sono stati troppo marchiani. I gol presi con la Puskas Akademia, ma anche il primo con il Monza (Biraghi probabilmente non doveva essere a marcare Djuric, ma un 2 contro 2 in area va saputo gestire al di là del modulo e degli allenatori) dicono questo. Poi è altrettanto vero che lo stesso Palladino ci deve mettere del suo. Perché oltre tutti gli alibi (giustissimi da sottolineare) poi in campo c’è stata una Fiorentina che per larghi tratti è stata in balia delle folate avversarie. Una Fiorentina quasi “troppo brutta per essere vera”. Qualcosa che va oltre la mancanza di gioco o soprattutto di identità, normale se hai cambiato così tanto soprattutto nelle ultime due settimane: Palladino ha avuto a disposizione tre squadre diverse, a inizio ritiro, con le prime gare ufficiali e da ora in poi. Non è un gioco da PlayStation, certi automatismi richiedono tempo. Ma qualcosa in più si poteva comunque fare.

MODULO. Comunque il 2-2 al ’96 di domenica darà al gruppo un pizzico di serenità in più per lavorare durante la sosta. Palladino finora è andato avanti con il modulo iniziale (3-4-2-1) senza cambiare principi di gioco, neanche con i cambi (quasi sempre uomo su uomo). Una parte di Firenze già invoca qualcosa di diverso, il tecnico si è detto fin dalla sua presentazione molto elastico tatticamente (lo ha fatto vedere anche nei due anni a Monza) ma visto anche il mercato difficilmente tornerà indietro proprio ora. Magari più avanti e se resteranno certe difficoltà. Ma resta da capire se ora, a trattative chiuse e con il gruppo completo, la squadra riuscirà ‘digerire’ questo tipo di calcio in tempi brevi. Un problema importante resta sulla trequarti, perché nelle sue idee di calcio i due dietro la punta dovrebbero ispirare tutta la manovra offensiva. Farsi vedere tra le linee, dettare passaggi, imbeccare in profondità, segnare. Essere decisivi. Ma i due presunti titolari ad ora non ci sono: Colpani è in ritardo di condizione e forse sta pagando anche il salto da Monza a Firenze (ci sta), Gudmundsson è un punto interrogativo perché ancora non si è mai allenato in gruppo e non si sa se ci sarà nemmeno contro l’Atalanta. Gli altri (Kouame, Beltran, Sottil, Ikoné) hanno altre caratteristiche e limiti noti, possono fare di più ma in un contesto che funzione. Serve recuperare pezzi e acquisire certezze, due settimane sembrano lunghe ma c’è davvero tanto da fare.

42 Comments

Popular Posts

Exit mobile version