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A San Siro, un anno dopo: ambizioni e incognite psico-fisiche. Pioli alla prova da Europa

Tredici mesi dopo, di nuovo Spalletti-Pioli a San Siro. Gara dura, ma i viola ci credono. Per godersi ancora l’aria da Europa.

“E’ cambiato tantissimo, è sotto l’occhio di tutti. L’anno scorso siamo arrivati con tanti debuttanti, non eravamo ancora squadra. Ora siamo squadra, dopo un percorso lungo, e vogliamo andarcela a giocare e dare il massimo. Consapevoli che possiamo vincere la partita singola”. Già, è cambiato proprio tutto. Da quell’esordio della Fiorentina di Pioli a San Siro, il 20 agosto 2017. Un 3-0 netto, quasi senza appello. E quasi senza accorgersene. Maxi Olivera e Tomovic terzini, Sanchez in mezzo al campo, Gil Dias davanti. Simeone arrivato da una manciata di giorni. Tredici mesi dopo, di nuovo Spalletti contro Pioli a Milano. Ma le premesse paiono ben diverse. Senz’altro, sulla carta, valori più equilibrati. Con la Fiorentina che arriva all’incontro addirittura a +3 sull’Inter e i nerazzurri che in casa in campionato non vincono da aprile.

PROVA DA EUROPA. Chiaro che l’Inter adesso vuole accelerare, è stata costruita per giocarsi lo scudetto ed è galvanizzata dalle ultime due vittorie allo scadere con Tottenham e Samp. Ma anche per la Fiorentina sarà un bel test. Perché al Franchi i viola hanno fatto il loro compito, tre su tre contro avversarie di livello inferiore. Mentre fuori è arrivato un punto tra Napoli e Genova. Sempre, però, mettendo in mostra le proprie caratteristiche, a parte il 2° tempo del San Paolo e una mezz’ora a Marassi. Continuità cercasi, in trasferta, nell’arco della singola partita. Così come una vittoria esterna che darebbe prestigio e ulteriore slancio a questo brillante avvio di stagione di Chiesa e compagni. Una prova da Europa, per capire se la Fiorentina ci può stare lassù, se può coltivare ambizioni europee ed essere la ‘rompiscatole’ dell’alta classifica.

AMBIZIONI. Un po’ come la prima Fiorentina di Prandelli o quella di Montella. Ognuna con le sue caratteristiche, tutte però spensierate e vogliose di imporsi. Di dare noia alle grandi. Quella di Pioli è più giovane, ha tanti ragazzi in rampa di lancio e pochi giocatori già ‘pronti e costruiti’ (niente Fiore, Jorgensen, Toni, Pizarro, Aquilani, Borja Valero per intendersi). Ma ha una forza dentro che probabilmente gli altri gruppi non avevano. Da quel maledetto 4 marzo, tutti si sono presi più responsabilità e hanno acquisito una mentalità particolare. Una spinta che ha guidato i viola ad un ritmo-Champions, con 32 punti in 17 partite. Nelle stesse gare, la Fiorentina ha fatto 7 punti in più del Milan, 5 in più dell’Atalanta, 4 in più dell’Inter, 3 in più della Lazio, gli stessi punti della Roma e appena 2 in meno del Napoli. Di pari passo è aumentata la consapevolezza di una squadra che si conosce sempre più, segue il suo allenatore, dà tutto in campo e ha riconquistato Firenze.

INCOGNITE. A San Siro, però, la Fiorentina non arriva con i favori del pronostico. L’Inter ha una rosa che vale tre volte quella viola (550 milioni contro 221, secondo Transfermarkt), viene da due vittorie di fila al fotofinish e vuole sfruttare la scia per svoltare un inizio di stagione complicato. Ecco che servirà quindi una prova praticamente perfetta per tentare il colpaccio. L’incognita maggiore, oltre alla forza oggettiva dell’Inter, è la tenuta psico-fisica dei ragazzi di Pioli. Quarta partita in undici giorni, a 72 ore di distanza dalla gara con la Spal. Poco tempo per recuperare e preparare al meglio la partita, ed è chiaro che non potranno essere tutti al massimo. Anche perché Pioli fin qui ha centellinato il turnover, confermando 8/11 dei titolari praticamente ogni partita (hanno ruotato solo Benassi ed Edimilson in mezzo ed Eysseric-Pjaca sulla fascia, oltre a Lafont-Dragowski). “Qualcosina cambierò, perché le tre partite date sono state faticose e dispendiose. Però cercando di dare continuità a quel che stiamo facendo”, ha detto il tecnico alla vigilia.

CONDIZIONE E FORMAZIONE. Chiesa ha speso molto e poteva rifiatare già con la Spal, ma difficile immaginarlo in panchina a San Siro; Simeone fin qui ha giocato ogni singolo minuto (più le gare in Nazionale), così come Milenkovic, Pezzella e Vitor Hugo (e Biraghi ha tirato il fiato solo nel secondo tempo di sabato). Pjaca ha giocato due gare di fila da titolare: reggerà anche la terza? Pioli valuterà in mattinata le risposte degli ultimi test, ma è più probabile che a partire dall’inizio sia uno tra Mirallas (entrato molto bene con la Spal) ed Eysseric (che dà più copertura tatticamente e ha guadagnato la fiducia di Pioli in questo avvio). Ha giocato sempre dall’inizio anche Gerson, che potrebbe star fuori a vantaggio di Edimilson; intoccabile, invece, Veretout, chiamato alla prova di maturità a San Siro come mediano (dopo aver ‘steccato’ al rientro a San Siro, per poi fare due grandi partite con Samp e Spal).

COME AI BEI TEMPI. In ogni caso, San Siro potrebbe rappresentare un bello snodo per il campionato viola. Alla 6° giornata, come fu anche al primo anno di Sousa, 27 settembre 2015: 4-1 ai nerazzurri di Mancini, nello scontro diretto al vertice, e primato della Fiorentina in classifica dopo 16 anni. Tripletta di Kalinic e sigillo di Ilicic, sembra passata una vita (calcistica). Una sfida che accende ambizioni e carica chi vuole diventare protagonista. Come fu per Salah nel 2015, per Babacar (e un Tomovic improvvisato Maicon) nel 2014, per Batistuta ed Enrico Chiesa negli anni ’90. Le motivazioni oltre la stanchezza, le ambizioni oltre la forza dell’avversario. Icardi, Perisic, Nainggolan, Brozovic, Asamoah, Skriniar possono far paura, ma Chiesa, Simeone, Pjaca, Veretout, Benassi, Pezzella e gli altri non vogliono certo partire battuti. La young Fiorentina ci crede, una prova che può servire a diventare grandi. Per rimanere, magari ancora un po’, in un piacevole terzo posto in classifica.

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