Società e giocatori celebrano i meriti di Iachini, ma nella peggior Fiorentina post-fallimento le responsabilità vanno divise
Il 9 novembre scorso la Fiorentina riaccoglieva Cesare Prandelli a distanza di 10 anni, celebrando il tecnico di Orzinuovi con un emozionante video sui social. “Date a Cesare quel che è di Cesare”, scriveva il club viola, ripercorrendo con le immagini le gioie del primo quinquennio 2005-2010, dalle scalate ai primi posti del campionato alle avventure in Coppa Uefa e Champions League. Il titolo di quel video, con la stagione ormai (finalmente) conclusa, può dare il gancio per trarre un bilancio della deludente annata viola. Specie dopo giorni in cui da società, giocatori e parte della stampa (per ultimo il salotto di Sky di ieri sera), sono arrivati essenzialmente elogi soltanto per Beppe Iachini (meritevole pure di una statua al Piazzale Michelangelo, secondo Commisso), mentre Prandelli non è stato praticamente mai menzionato.
RESPONSABILITA’ DA DIVIDERE. Un bilancio tra numeri, meriti e colpe. Se la Fiorentina 2020/2021 ha concluso il campionato con il peggior rendimento post-fallimento (mai aveva fatto soli 40 punti in Serie A), è evidente come le responsabilità siano da dividere tra più interpreti. Società, allenatori, giocatori. Magari pure l’ambiente, certo, non ha aiutato: tifosi e pure giornalisti si aspettavano una Fiorentina diversa, così come senz’altro anche la società. Nessuno credeva di dover lottare per la salvezza per il terzo anno di fila con il 7° monte ingaggi del campionato e una squadra sulla carta “molto forte”, come dissero i dirigenti ad inizio stagione. Costruita per stare “almeno nella parte sinistra di classifica“. Una parte sinistra, alla fine, praticamente mai vista quest’anno.
IACHINI/1. Dicevamo, però, degli allenatori. Qualche merito e diverse responsabilità per entrambi. Ai quali va, comunque, un ‘plus’ per il loro amore per Firenze e il loro attaccamento alla maglia. Iachini, confermato a sorpresa da Commisso al termine della scorsa stagione, ha iniziato obiettivamente con molte difficoltà e diverse attenuanti inconfutabili: una preparazione deficitaria per il Covid, i tanti giocatori impegnati con le Nazionali in avvio di stagione, Pezzella subito infortunato, Callejon positivo dopo poche settimane (e senza preparazione dopo l’addio al Napoli) e una squadra sostanzialmente non costruita per il calcio che aveva sempre fatto Beppe in carriera. Venduto Chiesa all’ultimo giorno di mercato, al suo posto è arrivato proprio Callejon. Oltre al valore assoluto dei due giocatori, caratteristiche anche parecchio diverse: ‘contropiedista’ il primo (tassello essenziale per chi gioca difendendosi per poi ripartire velocemente), amante del palleggio e delle trame offensive il secondo. Certo, c’è da dire che lo stesso Iachini ha poi pubblicamente ammesso, più volte, di aver avallato con la società queste scelte. Tanto che poi diversi giocatori, anche a gennaio scorso, erano stati presi proprio con il benestare di Beppe (da Duncan a Cutrone).
CHIESA E VLAHOVIC. Nonostante tutto, comunque, la Fiorentina era partita benino, per poi dare sempre più l’idea di essere una squadra fragile (ricordate la rimonta con lo Spezia, il ko con la Roma e il pari a Parma?). Con più di una scelta che sembrava non pagare. Intanto quella fascia da capitano data a Chiesa contro la Samp a poche ore dal suo passaggio alla Juve, con parecchio malumore emerso in tutta la piazza. Ma anche l’iniziale scelta di Amrabat regista. Poi, soprattutto, l’alternanza continua tra Vlahovic, Cutrone e Kouame là davanti. Dusan, ad esempio, era finito in panchina 4 volte in 7 partite (restando a guardare per 90′ contro il Parma, all’ultima di Beppe), segnando solo 1 gol. “Ho sempre creduto in Vlahovic, tanto che con la società non abbiamo voluto prendere un attaccante più importante per non fargli ‘ombra’. E dopo l’Inter, quando ricevette tante critiche, lo mandai in campo da titolare”, ha ripetuto più volte Iachini. Ma è sotto gli occhi di tutti che per far sbocciare Vlahovic, che poi ha portato quasi da solo alla salvezza la Fiorentina, c’è voluta la continuità e la fiducia ‘vera’ di Prandelli.
L’ESONERO. Insomma, Iachini chiuse le prime 7 giornate con 8 punti (media 1,14), più la faticosa vittoria in Coppa Italia contro il Padova, lasciando la Fiorentina a +3 sul terz’ultimo posto. Non solo la stampa, ma la stragrande maggioranza dei tifosi chiedeva in quel periodo un cambio in panchina, per dare una sterzata alla squadra e sperare di vivere una stagione con ambizioni un po’ diverse. Commisso, che era in città, aveva già dovuto ribadire la fiducia a Iachini dopo il 2-2 con lo Spezia alla 4° giornata. Poi ha “ceduto alle pressioni della piazza”, come ha rivelato lo stesso Rocco. Scelta giudicata a posteriori frettolosa, anche perché Beppe era stato confermato con entusiasmo dal presidente viola per la nuova stagione appena due mesi e mezzo prima.
PRANDELLI. E così è arrivato il momento di Prandelli. Accolto dai tifosi e dalla società in grande stile, sull’onda di un passato glorioso. A Cesare il grande merito di aver, appunto, dato fiducia incondizionata a Vlahovic. La maglia da titolare a Dusan, poi il resto della formazione. E il serbo, dopo i primi errori e un lavoro costante in allenamento con lo staff viola, ha ripagato alla grande: 11 gol e 2 assist in 21 partite. Senza di lui (alla fine ha segnato 21 dei 47 gol della squadra viola) la Fiorentina sarebbe retrocessa, lo raccontano i numeri. Oltre alla scelta, netta, sul giovane serbo (se ricorderete, il nodo centravanti era il tema cruciale della Fiorentina di inizio anno), Prandelli mise subito a nudo le difficoltà della squadra. Da una preparazione fisica deficitaria ai giocatori “sopravvalutati” che dovevano rendersi velocemente conto della situazione. Insomma, dalla carota di Iachini al bastone di Prandelli, il passo fu breve.
PESANTI SCONFITTE E VITTORIE FONDAMENTALI. Tanto che in poco tempo Cesare parlò chiaramente anche del cosiddetto gruppo degli ‘scontenti’, mandati poi a giocare altrove nel mercato di gennaio. Sul campo invece la Fiorentina non svoltò: 21 punti in 21 partite in campionato, per una media esatta di 1 punto a partita, oltre alla vittoria sull’Udinese e al ko con l’Inter in Coppa Italia. Prandelli prese la Fiorentina a +3 sul terz’ultimo posto e la lasciò a +7 alla 28a giornata di Serie A. Le iniziali prove di difesa a 4 (mai ‘assorbite’ dalla squadra), il ritorno al 3-5-2, partite molto negative (0-3 con l’Atalanta, 0-6 con il Napoli, 0-1 con l’Udinese, 1-2 con la Samp) e vittorie fondamentali (2-1 con il Crotone, 3-0 con lo Spezia, soprattutto il decisivo 4-1 a Benevento), oltre all’impresa del 3-0 allo Juventus Stadium che, comunque sia, rimarrà nella storia viola. Fino alle dimissioni: come al solito sarà il tempo a poter dire cosa realmente sia successo, ma oltre al rapporto non idilliaco con larga parte del gruppo (solo Vlahovic lo salutò sui social, così come in questi giorni nessuno lo ha nominato a salvezza conquistata, anzi), anche con la società evidentemente più di qualcosa non andava, viste anche le parole di Commisso negli ultimi giorni.
IACHINI/2. Così a metà marzo è rientrato Iachini. Così come Prandelli, anche Beppe, cuore viola, aveva tutto da perdere. Ma per amore di Firenze e della Fiorentina, per attaccamento alla società e al gruppo, non ci ha pensato due volte. Ed è stato riaccolto a braccia aperte nella situazione di emergenza, con 10 partite parecchio complicate da giocare (6 gare in trasferta, 4 incroci con le big al Franchi). Iachini ha avuto il grande merito di ricompattare il gruppo, di tornare subito ad incidere sulla squadra. Cercando di ritrovare vecchie sicurezze. Due vittorie, fondamentali, contro Verona e Lazio, più i pareggi contro Genoa, Juve e Bologna oltre a quello di Cagliari quando però il più era fatto. Ha chiuso con 11 punti in 10 partite, media di 1,1 punti a gara. Nella sua gestione di quest’anno, in 17 partite di campionato la Fiorentina ha fatto 19 punti (media 1,11).
CHIUSURA SENZA GIOVANI. Commisso, oltre a fargli una statua, aveva anche pensato di confermare Iachini. Per il suo lavoro e il suo rendimento. Beppe ha declinato ogni idea sul nascere, preferendo chiudere qui un rapporto che lascia ottimi ricordi per tutti. Per Iachini che è tornato a salvare la ‘sua’ Fiorentina per due volte di fila, per Commisso che dopo due anni negativi ha l’occasione per tirare una linea e ripartire con altre ambizioni. Certo, si può dire, magari nell’ultima partita a Crotone (ma anche contro il Napoli), quando comunque Beppe voleva puntare ai 42 punti e all’11° posto, si poteva dar spazio a qualche giovane. Come pure aveva fatto un anno fa e come aveva annunciato alla vigilia. Magari poteva concedere un po’ di minuti a Montiel, a Ponsi, a qualche ragazzo della Primavera. Invece la fine dell’avventura è stata decisamente grigia, brutta, una partita con poco senso. Epilogo di una stagione con mille contraddizioni e tante difficoltà. Con qualche merito e diverse responsabilità a carico di tutti.
Di
Marco Pecorini