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L’aspettativa estiva non diventi un boomerang. E quella ‘dimenticanza’ di Allegri oggi somiglia a un presagio

STEFANO PIOLI FIORENTINA

La Fiorentina è reduce da stagioni nelle quali non è mai stato indicato un obiettivo preciso, almeno all’esterno. E’ stato così con Italiano e anche con Palladino. Il carico delle aspettative estive può rivelarsi un boomerang

Stefano Pioli ci ha messo la faccia fin dal primo giorno. “Sono qui per alzare il livello“. Inconsapevolmente (forse), pronunciò una di quelle frasi destinate a rimanere scolpite nella memoria della gente. Un po’ come altre lo sono state in passato. Il Pioli prima maniera non lo avrebbe mai fatto. Il profilo era più basso. In tutti i sensi. A Firenze è tornato un allenatore che ha vinto uno Scudetto e che ha fatto grandi cose anche in Champions League. Logico che a livello comunicativo abbia preso forza. Solo lui sa se si è pentito o meno di aver adottato una nuova strategia comunicativa. Sincera, che però non prevedeva (all’epoca) un inizio così complicato dal punto di vista dei risultati. Ma anche del gioco e delle prestazioni. Si è parlato di ambizione, di alzare il livello (essendo reduci da un sesto posto, il calcolo è presto fatto…), di essere protagonisti in Conference. Perché, senza girarci intorno, l’obiettivo è sempre quello di andarla a vincere. Un carico di aspettative estive che si sono sgretolate (almeno in parte) alla sosta di ottobre. E che negli ultimi anni, da Italiano a Palladino, la squadra non aveva mai avuto. Certo, i circa 90 milioni di euro spesi sul mercato hanno di certo influito a creare aspettativa. Le parole di Pioli hanno fatto il resto.

PAROLE. “Sono stato chiamato con l’obiettivo di alzare il livello. Finora non ci sono riuscito, ma mi piace credere in quello che facciamo e nei miei giocatori. Credo che troveremo il modo di tirare fuori i nostri valori. Le critiche sono giuste, d’altra parte ho sbandierato le nostre ambizioni fin dal primo giorno…  Resto però fiducioso: a fine stagione potremo avere ragione”. Parole pre Sigma Olomouc. Poi la vittoria in Conference e un’altra sconfitta in campionato contro la Roma.  Pioli sa bene che quelle frasi la gente se le è segnate, almeno mentalmente. Di credito con Firenze ne ha ancora da spendere, ma alla ripresa del campionato (contro quel Milan che gli ha consentito di cambiare status da allenatore) il popolo viola si aspetta prestazioni e risultati diversi.

CONFRONTO. Se è vero che la Fiorentina non può essere questa e così brutta, mantra dei più ottimisti, è anche vero che non c’è nessuna base sulla quale poggiare tesi trionfalistiche, se non un confronto (pericoloso) con il recente passato. Certo, Dodo e Gosens hanno fatto vedere di essere meglio di così. Mandragora anche. Gudmundsson ha qualità e prima o poi verrà fuori. Kean i gol li farà. Piccoli darà una mano. Certo, tutto giusto, eppure queste sensazioni vanno in qualche modo riportate sul campo. Lì dove fin qui è mancato tutto o quasi. Compresa l’attenzione ai famosi dettagli. Che poi dettagli non sono. Leggere alla voce palle inattive, per esempio.

ALLEGRI. Adesso il Milan, di quel Max Allegri che dimenticò di inserire la Fiorentina nella famosa corsa Champions (forse un presagio?). Pioli se la legò al dito e non mancò di farlo presente (si ritorna al tema di cui sopra). La frase del tecnico del Milan è sempre attaccata nello spogliatoio, anche se oggi la Fiorentina deve concentrarsi su un campionato diverso. Almeno fino a che non sarà uscita dalle sabbie mobili della classifica.  Al di là del tema comunicativo – con la speranza che non si trasformi in un boomerang – c’è da cominciare a pedalare sul campo.

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