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Pioli, il ‘normalizzatore’ diventato vincente. Dalla rottura con la precedente dirigenza al possibile ritorno

Legame sempre forte con Firenze, il dramma Astori e la capacità di evolversi sul campo

Lo chiamavano ‘Normal One’, in contrapposizione allo stile eccentrico ed esuberante di Mourinho (ai tempi ‘Special One’). Per tanti il ‘normalizzatore’, in quanto persona equilibrata, composta, capace di tirar fuori il massimo da situazioni a volte complesse, se non drammatiche. Stefano Pioli di strada ne ha fatta da quando dal 1989 al 1995 ha vestito la maglia della Fiorentina da calciatore. Da difensore. Così come ne ha fatta da quando ha lasciato Firenze ad aprile 2019. Con una rottura pesante con l’allora dirigenza.

LA ROTTURA. “Mi sono sempre assunto le mie responsabilità, ho sempre garantito nel mio lavoro professionalità, rispetto e massimo impegno: a malincuore oggi mi vedo costretto a dover lasciare, dimettendomi, poiché sono state messe in discussione le mie capacità professionali e soprattutto umane”, disse Pioli in una nota, dopo frecciate a distanza nei giorni e nelle settimane precedenti con la società dei Della Valle, Mario Cognigni e Pantaleo Corvino. Lasciò, dimettendosi, con una semifinale di Coppa Italia da giocare e una Fiorentina al 10° posto, in una stagione in cui i viola si salvarono poi all’ultima giornata con Montella con lo 0-0 della paura contro il Genoa di Prandelli. L’ultima Fiorentina dei Della Valle, appunto, prima dell’arrivo di Rocco Commisso.

CONDOTTIERO. Arrivò sulla panchina viola nell’estate 2017, con un forte ridimensionamento voluto da presidenza e società. L’estate di Bernardeschi alla Juve, di Kalinic al Milan, di Vecino e Borja Valero all’Inter. Arrivarono i vari Pezzella, Benassi, ma anche Thereau, Eysseric e dei giovani Biraghi, Milenkovic e Simeone. Nel ritiro di Moena Pioli non ci pensò su due volte, nominando Davide Astori capitano di quel nuovo corso. Il dramma vissuto quel tragico 4 marzo a Udine segnò il tecnico, il gruppo e tutta Firenze. Pioli (che si tatuò sul braccio DA13) si fece condottiero di una squadra e di una città, prima umanamente e poi tecnicamente sul campo, con quel filotto di vittorie e risultati che portò la Fiorentina addirittura a sfiorare l’Europa dopo una partenza difficile. L’anno dopo risultati con alti e bassi, il buon percorso in Coppa Italia e frizioni con la società, fino alla rottura. Ma era una Fiorentina a fine corsa con i Della Valle, con tante meteore ma anche con un Muriel strepitoso da gennaio.

GAVETTA E SCUDETTO. Prima di Firenze per Pioli, classe ’65 (compirà 60 anni il 20 ottobre), tanta gavetta: Salernitana, Modena, Parma, Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo, poi il Bologna, la Lazio (con la qualificazione in Champions, poi sfumata ai preliminari con una squadra non rinforzata dal presidente biancoceleste) e l’Inter. Ma il picco è arrivato dopo i viola. Con la chiamata del Milan. Doveva essere solo un ‘traghettatore’ per il 2019/2020, ma l’ottimo percorso porta alla conferma e, dopo il 2° posto della stagione successiva, arriva lo Scudetto nel 2021/2022 che chiude il periodo forse più nero della storia rossonera. Il primo titolo in carriera di Pioli viene seguito dal 4° posto e dalla semifinale di Champions della stagione successiva, poi un altro 2° posto che però porta alla separazione consensuale dell’estate 2024. Quindi l’esperienza all’Al-Nassr, in Arabia, con Cristiano Ronaldo e il campionato chiuso al 3° posto.

GARANTE. Dopo un anno all’estero però, con contratto da 12 milioni di euro, la possibilità di tornare in Italia. Ci pensa l’Atalanta, ci pensa soprattutto la Fiorentina. Altra dirigenza, altro momento storico. Con la necessità, impellente, di riportare sereno e fiducia su Firenze dopo le forti turbolenze degli ultimi giorni. Pioli conosce benissimo la piazza, è rimasto legatissimo alla città (“Un grande grazie a Firenze e ai tifosi fiorentini: si è creato un legame speciale che porterò sempre con me, perché le avventure finiscono, ma le emozioni rimangono forti e presenti dentro tutti noi”, scrisse quando lasciò, per poi tornare spesso anche per diversi eventi), chiaramente ora ha anche un altro pedigree rispetto a quando arrivò nel 2017. Allenatore esperto, ‘normalizzatore’ sì ma in grado di farsi sentire per le decisioni che contano. In carriera ha alternato molti moduli, dal 4-3-3 al 4-2-3-1, fino al 4-3-1-2. Si è sempre aggiornato, cambiando pelle e stile di gioco, ma il calcio fatto per almeno due-tre anni al Milan è rimasto negli occhi a tanti. Per la Fiorentina sarebbe senz’altro una garanzia di una ripartenza non al ribasso. Anzi, Candidato forte, anche se resta da capire come risolvere a livello burocratico ed economico il contratto con l’Al-Nassr. Settimana decisiva in questo senso.

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