Più equilibrio, lo spirito dei tempi migliori e… un po’ di fortuna. Il gruppo e l’allenatore hanno risposto alle critiche
Dalla Lazio alla Lazio. Dalla svolta tattica di settembre alla svolta mentale di gennaio. Quattro mesi dopo, la Fiorentina si riaggrappa ad un importante successo contro la squadra di Baroni per ripartire. Se sarà virata definitiva o meno, dopo il momento più complicato di stagione, lo diranno ovviamente solo il campo e le prossime partite, a cominciare dall’impegno di domenica contro il Genoa. Ma senz’altro serviva una vittoria così. Eccome se serviva. Per la classifica, che iniziava a veder scendere la Fiorentina di weekend in weekend. Per il morale. Per l’autostima. Per togliersi di dosso tossine.
QUALITA’ E CUORE. Una vittoria dentro la quale c’è tanto di positivo. Tanta qualità, quella della prima mezz’ora. Tanta determinazione, tanto sostegno per il compagno: quella “corsa in più“ a cui faceva riferimento anche Ranieri. Ma anche tanto carattere, tanto cuore, tanto spirito di sacrificio. Perché al netto di una ripresa in cui la Fiorentina si è abbassata troppo (decisamente troppo), la Lazio fino al 91′ non aveva praticamente mai tirato nello specchio. E poi la battaglia finale. Sofferta, caotica. Ma vinta. Tremendamente vinta. E allora sì che questo 2-1 vale più di tre punti, così come era successo all’andata con il medesimo risultato.
LA STORIA CAMBIATA SU UN PALO. Chiaro poi che tutto (e proprio tutto) sia girato su quel palo al 97′ di Pedro. Più che sul miracolo di De Gea su Marusic, perché la Fiorentina sa di poter contare su un fenomeno in porta e fa parte del gioco. Su quel palo, invece, c’è tanta buona sorte. Poco di altro. Col pallone che danza su tutta la linea di porta per poi uscire. Con i “se” e con i “ma” non ci si fa ovviamente niente, ed è giusto sottolineare anche l’altro palo clamoroso di Gudmundsson in rovesciata nel primo tempo. Ma su quel legno colpito da Pedro è davvero cambiata tutta la storia. Immaginate cosa sarebbe stato il post gara con l’ennesimo dramma sportivo. Un’eventuale rimonta del genere nel recupero, dopo l’incredibile 1-1 con il Torino in superiorità numerica, dopo aver perso con il Monza ultimissimo, dopo gli harakiri con il Napoli, dopo il regalo di Ranieri contro l’Udinese eccetera eccetera. L’ennesimo colpo durissimo di una lunga serie, sarebbe stato. E invece no, perché nonostante tutto da questo 2-1 si può ripartire. Si deve ripartire.
SASSOLINI E SASSOLONI. Una vittoria che è ‘servita’ anche a Palladino per togliersi dei sassolini. O dei sassoloni, perché dalle sue parole è emerso come lui in prima persona e tutto il gruppo abbiano accusato l’aria su Firenze dell’ultimo mese e mezzo. Un’aria pesante, per i risultati sul campo e soprattutto per le parole dei diretti interessati. Pradè, Ranieri, lo stesso allenatore: certi messaggi del resto non erano stati neanche troppo velati. “Non sono arrabbiato, sono deluso di quello scritto nei confronti dei ragazzi. Gruppo disunito, non coeso, terrore al Viola Park. Queste sono falsità, gente che vuole male della Fiorentina e di questi ragazzi”, le parole di Palladino. “Criticate me, se la squadra non gioca bene o se non arrivano i risultati. Ma non fa bene alla società, alla squadra, ai ragazzi”. Sassolini (o sassoloni) tolti nei confronti di tutti o nessuno, lanciati là perché senz’altro certe critiche hanno fatto male. Come probabilmente hanno fatto male anche quei fischi sonori della Fiesole dopo il Torino. Il gruppo si è sentito toccato in qualche modo nell’orgoglio: “Voi più scrivete così, più i ragazzi si caricano“, ha aggiunto il tecnico. Insomma, quasi una sorta di “noi contro il mondo, noi contro tutti” che in qualche modo è servito per far scattare la famosa scintilla. Del resto è un concetto spesso utilizzato da allenatori e giocatori nel calcio, ma c’è anche chi nella storia ci ha costruito ben altro. Insomma, ci sta.
SCONTRI DIRETTI. Serve anche questo per ripartire. Riazzerare, riacquisire sicurezze, allontanare quelle paure che non facevano fare certe giocate sul campo. Ora in classifica le distanze sono corte, dalla Lazio 4° a 39 punti alla Roma 9° con 30. Nel mezzo la Juve a 37, la Fiorentina a 36, Milan e Bologna a 34. Con i viola che devono finire la sfida contro l’Inter e Conceiçao e Italiano che devono recuperare lo scontro diretto. Insomma, la Fiorentina c’è. E se vogliamo ha anche un discreto vantaggio negli scontri diretti: avanti (definitivamente) sui biancocelesti, avanti (grazie al 5-1 dell’andata) sulla Roma, avanti sul Milan (2-1 all’andata), pari con la Juve e sotto di misura sul Bologna. Palladino ha ritrovato lo spirito dei giorni migliori (guardare ad esempio la carica sulle esultanze, sui palloni recuperati, le corse di Beltran da terzino, i diversi recuperi in extremis di Gosens, Mandragora o Ranieri), ma soprattutto equilibrio tattico. Con Folorunsho che sta diventando pedina fondamentale, a sinistra come a destra.
RUSH FINALE DI MERCATO. Bene anche il rientro di Pongracic: recuperarlo può essere un valore aggiunto. Ma attenzione all’ultima settimana di mercato. Sta per arrivare Pablo Marì, che tra i centrali è destinato a recitare un ruolo importante visto che Palladino lo conosce bene e l’ha fortemente voluto (si ripasserà più spesso a tre dietro?). La Fiorentina vuole chiudere anche per un altro centrocampista (può essere Cristante, ma occhio a Bondo) e un esterno che possa fare la differenza a destra (potrebbe non essere Man), ma c’è da capire anche se arriverà qualcuno per sostituire Kayode (o se si punterà davvero su Moreno adattato) o un vice-Kean che manca dall’estate. Da marzo si riprenderà a giocare ogni tre giorni, e se davvero l’ambizione è di arrivare in fondo servirà aggiungere ai 13-14 ‘titolari’ di adesso un gruppo più corposo di alternative all’altezza. Determinanti anche le uscite dei prossimi giorni: Ikoné è già alla seconda convocazione mancata ma non può andare in prestito all’estero (la Fiorentina ha già 6 giocatori over a titolo temporaneo fuori dall’Italia) e ha rifiutato diverse opzioni, Kouame ha diverse richieste ma la Fiorentina vuole monetizzare (e ha un ingaggio elevato), Richardson può andare a giocare altrove. Una mano a Palladino deve darla anche la società, perché la coperta ora è parecchio corta.

Di
Marco Pecorini