
Con la finale di questa sera si chiude il percorso di Italiano e tanti giocatori a Firenze. Poi sarà tempo di pensare al futuro
Si dice sempre che una squadra abbia bisogno dei propri tifosi, perché il fine ultimo del giocare a calcio di mestiere è appassionare chi parteggia senza fini di lucro per quella maglia, per quella bandiera, per quei colori. Si dice sempre e però stavolta è un po’ più vero del solito, perché la Fiorentina è tornata in finale di Conference ma il destino le ha riservato un inghippo. Scrive Paolo Condò su la Repubblica.
Si sa dalla scorsa estate che la partita è in programma ad Atene. Si sa da tre settimane che la rivale sarà l’Olympiacos, che è la squadra del Pireo – il porto della capitale greca – ma insomma, nello stadio dell’Aek si troverà certamente più a casa rispetto alla Fiorentina. È per questo che il tifo viola assume un rilievo assoluto: deve rimontare uno svantaggio sonoro ed emotivo, si spera piccolo, per consentire alla squadra di giocare in parità ambientale.
Diciamo subito che Vincenzo Italiano e i suoi uomini si sono meritati questo sostegno, perché la seconda finale europea consecutiva non era scontata e la pulizia del cammino percorso (una lontana sconfitta nel playoff di agosto, poi solo vittorie e pareggi) mostra il talento nell’uno contro uno, ovvero l’eliminazione diretta, che è una dote molto speciale di chi gioca a pallone. Ha a che fare con i nervi, con la freddezza, con la capacità di reggere un minuto in più degli avversari chiunque essi siano.
È un talento che apprezziamo e celebriamo nel Real Madrid, quasi imbattibile nei dentro o fuori, e che in Italia la Fiorentina si è conquistata per la seconda volta in due anni, con l’ovvia speranza che stavolta duri fino in fondo, e le chance di passare contro l’Olympiacos non vengano sperperate come accadde col West Ham.
Questa è stata una stagione chiave nella vita della Fiorentina, iniziata con l’orgoglio del Viola Park realizzato da Rocco Commisso, passata per la tragedia di Joe Barone, e che deve culminare ad Atene con un trofeo da dedicare a chi ci ha lasciato ma anche a chi è rimasto, ed è il garante del futuro. Non è un segreto che Italiano abbia deciso che il suo ciclo si chiude qui, ed è ovvio che il cambiamento si ripercuota sulla squadra. Ma anche qui, ci vuole una coppa che unisca per sempre chi se ne andrà e chi rimarrà.

Di
Redazione LaViola.it