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Editoriali

Chi non risica non rosica. Serviva un mercato fast fast fast, ora potrebbe essere troppo tardi

A inizio mercato invernale la Fiorentina aveva una grossa opportunità. Ma l’attendismo non ha pagato in Supercoppa ed ha alimentato dubbi e perplessità

Che la Fiorentina viaggi a due velocità tra infrastrutture e ambizioni sportive ormai è noto. Fin dal primo giorno in cui Rocco Commisso è arrivato a Firenze ha sempre alternato il ‘fast fast fast’ per questioni stadio e centro sportivo al ‘datemi tempo’ per la crescita sui risultati (con qualche isolata dichiarazione iniziale legata alla volontà di vincere). Legittimo, in perfetta linea con quelle che dovrebbero essere le regole del calcio di oggi per cui è obbligatorio avere i conti in ordine (poi c’è chi non lo fa, e per questo neppure paga, ma questo è un altro discorso).

SOLDI. Ecco che, in ottica prossimi anni, la domanda più impellente per la Fiorentina è capire dove giocherà durante i lavori al Franchi, quanto dovrà spendere per spostarsi o giocarci ancora (tra Padovani, convenzione, affitto futuro etc) piuttosto che provare a intervenire celermente sul mercato con la squadra che si gioca in emergenza un trofeo che con due sole gare avrebbe potuto far alzare una coppa al club, che prima di prendere qualcuno si debba far uscire qualcun altro (‘il frigo è pieno’), che ci sia il problema delle liste etc etc. Programmare investimenti sportivi, in questa situazione, non è certo semplice, innegabile. Ma…

PRIORITA’. Ognuno, d’altronde, ha le sue priorità. Legittimo, bis. Per cui va da sé che appaia logico vendere Vlahovic a metà stagione, con la squadra che avrebbe potuto ambire ad arrivare più sù del settimo posto, preferendo incassare subito molti milioni piuttosto che rischiare di incassare molto meno dal suo cartellino tenendolo fino a fine stagione o nulla per una stagione e mezzo perdendolo a zero, ma magari poter contare su altri 19 gol in quella metà stagione e 38 (se avesse continuato a quei ritmi) in quella successiva ed entrare nell’Europa che conta. Era un rischio? Sì, certo. Vlahovic si poteva infortunare il giorno dopo, o non segnare più neppure un gol se fosse rimasto. Così come può apparire logico non riscattare Torreira ma affidarsi ad Amrabat, già di proprietà, prendere i vari Ikoné, Brekalo e altri giocatori di livello intermedio che possano, in ottica futura, generare plusvalenze per mantenere i bilanci virtuosi piuttosto che investire 30 milioni su un calciatore già più in là con gli anni come Berardi, o aspettare settimane nel momento in cui la Fiorentina è quarta in classifica e arriva a Ryad in evidente emergenza dopo aver già perso col Sassuolo e pareggiato con l’Udinese. Chi poteva garantire che prendere subito altri giocatori al posto di Brekalo e Ikoné avrebbe dato esiti diversi, tipo spendendo 20 milioni per Ngonge? Nessuno, vero, verissimo e legittimo, tris. Ma il tutto sa tanto di ennesima occasione persa, così come Rodriguez e Vargas sembrano essere operazioni che non sposteranno granché dal livello attuale di chi la Fiorentina e Italiano hanno a disposizione.

ITALIANO. Che nel tonfo col Napoli Italiano ci abbia messo del suo è innegabile, ma che la situazione fosse critica lo si era intuito da un mese e mezzo. Molti singoli sono in affanno da settimane, gli uomini sono contati per le idee tattiche del tecnico ed è vero che la Fiorentina è quarta, è arrivata in semifinale di Coppa Italia ed è agli ottavi di Conference League, ma nelle ultime gare ha mostrato limiti, difetti e difficoltà mascherate da un’importante dose di buona sorte che, però, non poteva reggere all’infinito. Al ‘aiutati che il ciel t’aiuta’ è stato preferito il ‘tirar troppo la corda’ o il ‘chi visse sperando morì…’. A inizio gennaio ci si attendeva altro. Ora restano 10 giorni di mercato in cui provare ad invertire la rotta. Ma ci sarà la volontà di farlo? Oppure prevarranno i rischi, i conti e il sapere dove giocherà la Fiorentina? Che poi sarebbe riassumibile in ‘chi non risica…non rosica’.

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