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Editoriali

Resettare San Siro e diventare presto squadra. Primi processi e mugugni, ma serve anche calma. La sosta servirà parecchio

La figuraccia contro l’Inter e le responsabilità dell’allenatore, una batosta inattesa da cui dover ripartire. Condizione fisica e inserimento dei nuovi: la Fiorentina deve diventare (presto) squadra

“Meglio perdere una partita 4-0 che quattro partite 1-0”, diceva Vujadin Boškov. E in questi casi ci si attacca alla vecchia massima per cercare di salvare il salvabile. La Fiorentina ha fatto una figuraccia a San Siro, è evidente. Tante cose non hanno funzionato, è stata una delle prestazioni peggiori del ciclo Italiano. Già, proprio il tecnico è salito in particolare sul banco degli imputati. Per le sue scelte iniziali, per una squadra che si è sfilacciata alla prima difficoltà (il primo gol preso), per una non prestazione per oltre un’ora di partita. E per un tipo di calcio che non prevede contromisure quando la squadra non è al top nella condizione fisica e mentale.

PRIMI PROCESSI. Italiano si è preso le responsabilità per la serataccia di Milano. Ha messo dentro giocatori esausti, alla quinta partita di fila in quindici giorni, ad inizio stagione e con il caldo che appesantisce gambe e testa. Non ha saputo leggere l’andamento di una partita che subito è sfilata via di mano. Si sapeva che giocare contro questa Inter, a San Siro, in questo momento, sarebbe stato parecchio complicato. Ma una figuraccia così non se l’aspettava nessuno. Primi processi, insomma, dopo il primo ciclo di partite. Però, con onestà, bisogna dire che serve anche calma. Ce n’è poca, in generale, nel calcio, ma questa squadra e questo allenatore probabilmente meritano un altro po’ di tempo per i giudizi più o meno definitivi.

INDIETRO. Chiaro, il 4-0 resta pesante, anzi pesantissimo. Più nella prestazione, addirittura, che nel risultato. Perché l’Inter ha tirato 21 volte verso la porta, 11 nello specchio. E poteva fare tranquillamente anche 5-6 gol. La Fiorentina ha prodotto solo un paio di squilli estemporanei con Sottil. Niente con Beltran, niente con Nzola. Nè con Nico e gli altri. Ecco, c’è sì una fase difensiva che ancora palesa tutte le proprie fragilità (anche per un equilibrio che, senza Amrabat, va assolutamente trovato), ma anche un attacco che torna a non pungere. Tanto possesso, in altre partite (non a San Siro) anche diverse occasioni prodotte. Ma i centravanti nelle prime cinque uscite hanno quasi sempre faticato. Fuori forma Nzola, ancora non inserito nel calcio di Italiano invece Beltran. Fatto sta che hanno fatto zero gol in due. L’ex Spezia ha fatto un assist a Genova per Biraghi, poi però negli occhi è rimasta soprattutto la disastrosa prova contro il Rapid in casa.

SERVE TEMPO. Però appunto, quando si dice che serve tempo, ci si riferisce anche a loro. Nzola sfrutterà la sosta per mettere condizione nelle gambe, e si sa quando questo è importante per un giocatore della sua stazza. Beltran purtroppo per Italiano andrà in Nazionale, e tornerà solo a ridosso dell’Atalanta. Ma sono giocatori che, sulla carta, possono fare decisamente meglio di Cabral e Jovic. Devono dimostrarlo, ma possono farlo. Troppo facile, ora, scagliarsi contro Nzola che evidentemente è in grande ritardo fisico. Così come non ci si può aspettare un Beltran al 100% nelle conoscenze tattiche. Ci arriveranno, entrambi, ma con il lavoro sul campo. Il calcio non è fatto di figurine, ma di allenamenti e partite. Di sicuro potevano (e dovevano) fare meglio in queste partite, ma per i bilanci definitivi è decisamente presto.

INFORTUNI E COPERTA CORTA. E se il fatto di essere stata l’unica italiana a giocare due volte il giovedì in questo avvio è stato allontanato come alibi da tecnico e giocatori, c’è da dire che Italiano ha avuto la coperta corta in tanti reparti. Per infortuni, come Barak (sarebbe stato un ricambio importante sulla trequarti), Sabiri e Ikonè (due esterni su cinque fuori, più Sottil da recuperare), o per giocatori ancora non pronti (come Mina in difesa), ma anche per il mercato, perché ad esempio a centrocampo Arthur non ha mai potuto rifiatare (Maxime Lopez è arrivato venerdì e deve scontare un altro turno di squalifica) e Amrabat non è mai stato a disposizione in attesa di partire. Insomma, ci sta che in questa situazione qualcosa si potesse pagare.

SOSTA BENEDETTA. Detto questo, la Fiorentina deve crescere. E in fretta. Sotto tanti aspetti. Nella condizione fisica, nell’inserimento dei nuovi. Ma non solo. Italiano in queste settimane ha insistito molto nel concetto di ‘diventare squadra’. Del resto la Fiorentina ha cambiato tanto, ben 9 volti nuovi rispetto alla passata stagione. Un conto è essere un insieme di giocatori, un conto è diventare gruppo. Squadra. Si è visto anche l’anno scorso: da febbraio tutti hanno iniziato a ‘remare’ dalla stessa parte, e i risultati sono arrivati. Due finali e un ritmo quasi da Champions nel girone di ritorno in campionato. La società si è detta soddisfatta del mercato, Italiano lo stesso e proprio dall’allenatore è lecito ora aspettarsi uno step ulteriore. Del resto, questa è davvero la ‘sua’ Fiorentina, perché tante scelte di mercato le ha indicate lui o comunque avallate con forza. Nzola, Arthur e non solo. Quindi chiaramente aumentano le responsabilità. Ora una sosta ‘benedetta’, per resettare San Siro e ricaricare le forze. Mettendo dentro anche concetti di gioco che i nuovi ancora non hanno. Alla ripresa partirà un nuovo tour de force, con 7 partite in 22 giorni tra campionato e Conference. Bisognerà arrivare pronti e imparare dalla scorsa stagione, quando una partenza a rilento obbligò alla rincorsa sul doppio fronte.

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