
“Non si può affidare la squadra a Italiano e sperare che faccia il Trapattoni. La scelta dell’allenatore va calibrata sulla squadra e viceversa“, scrive Sandokan
Gli errori, per non dire orrori, visti in finale di Conference e contro l’Inter in Coppa Italia non sono degni di una finale, inimmaginabile il ripetersi in due. In altre parole non si possono vedere nel corso di una gara secca, della massima importanza, in cui non sono ammessi cali di concentrazione. Qualcuno parla di punto di partenza e lezione per alzare l’asticella ma io direi piuttosto chiaro segnale di contraddizione tra il gioco che Italiano esprime e il livello dei giocatori chiamati a metterlo in pratica. Non vi sono dubbi che la Fiorentina di quest’anno abbia espresso un gioco piacevole e che il più delle volte abbia dominato il campo facendoci divertire. È altrettanto vero che in campionato sono stati persi punti per errori macroscopici così come avvenuto per le due finali, raggiunte peraltro per accoppiamenti non troppo malevoli.
Nel giudizio su Italiano la tifoseria, per l’ennesima volta, si divide in Guelfi e Ghibellini. Gli uni apprezzano il bel gioco, gli altri ne contestano i troppi errori. E come spesso accade entrambi le fazioni hanno le proprie ragioni. Le vere responsabilità, secondo me, vanno attribuite all’inesperienza della società, che ha scelto un certo tipo di allenatore ma ha lasciato la squadra incompleta. Piena di doppioni in alcuni ruoli e carente in altri. Certo, prendere gol in contropiede quando vinci 1-0 contro l’Inter o al 90′ di una finale che stai pareggiando fa puntare il dito contro l’allenatore, ma questo è il gioco di Italiano e lo è nel bene e nel male. Non si può affidare la squadra ad Italiano e sperare che faccia il Trapattoni. La scelta dell’allenatore va calibrata sulla squadra e viceversa.
Per il futuro la società dovrà fare una scelta chiara e presentarla ai tifosi. Scegliere il bel gioco di Italiano e muoversi di conseguenza sul mercato oppure mantenere l’attuale livello qualitativo della squadra e trovare un allenatore che sappia variare il modulo in base alle situazioni, fino al catenaccio che Mourinho ci ha fatto vedere in semifinale contro il Leverkusen. Cercare il risultato o puntare al bel gioco? L’importante è essere chiari con i tifosi. Certo che bel gioco e risultati sarebbe la migliore aspettativa ma è impensabile immaginare il gioco del Milan dei primi anni ’90 se non hai difensori in grado di fare il fuorigioco e all’altezza di fermare le ripartenze avversarie. La linea difensiva sul gol di Bowen era imbarazzante e la posizione i Igor da seconda categoria. Non puoi fare un gioco spavaldo se non hai un portiere che trasmette sicurezza sulle uscite e su tiri da fuori. E non è una critica ai giocatori che sono buoni giocatori in un altro tipo di gioco.
Con la linea difensiva di quest’anno avresti dovuto segnare almeno tre gol a partita per sperare di vincere e invece non avevi neanche gli attaccanti o meglio ne avevi fin troppi – tanto da mandare in crisi l’allenatore al momento della scelta e i singoli attaccanti che si sentivano sempre sotto esame – ma nessuno decisivo. È indispensabile puntare su un attaccante centrale, uno solo da 15 gol a stagione, e mandarlo in campo. Prandelli rigenerò Vlahovic dandogli fiducia.
Per finire, le due finali perse non rappresentano un punto di partenza, perché per fare un passo avanti c’è tanto da cambiare e non si può più cambiare tutto ogni anno e rimettere ogni volta tutto in discussione. È il momento di fare una scelta, prendere una decisione e portarla avanti fino in fondo, perché finora le scelte sono sempre rimaste zoppe e i risultati sono di conseguenza.
di Sandokan
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Di
Redazione LaViola.it