“Avevo anche altre offerte ma questo è l’ambiente ideale per ritrovarmi, qui posso crescere tanto”, ha detto l’attaccante serbo nell’intervista a Repubblica
Luka Jovic ha bruciato le tappe fin da piccolo. Nato e cresciuto a Batar, un villaggio vicino a Bijeljina (Bosnia- Erzegovina), a 21 anni si è ritrovato a passare al Real Madrid dall’Eintracht Francoforte per una cifra importantissima, 60 milioni di euro. Poi l’estate scorsa il passaggio alla Fiorentina, per rilanciarsi e ritrovare se stesso. E stasera sfiderà il Milan del suo idolo Zlatan Ibrahimovic: “Era un sogno che cullavo fin da bambino – dice in un’intervista a la Repubblica – Firenze -. A fine partita vorrei scambiare la maglia con lui se va tutto bene. Prima però dobbiamo pensare alla partita, vogliamo vincere. Ci servono punti e darò tutto in campo“.
Ma la storia di Luka parte da lontano: è appena un bambino quando accende i desideri di osservatori e allenatori. E con il padre Milan viaggia ogni giorno in macchina 145 km per raggiungere Belgrado: “A volte dormivamo per strada, a bordo della nostra Volkswagen Passat”. A otto anni fa la sua prima scelta decisiva: dopo aver stregato Tomislav Milićević, storico talent scout serbo della Stella Rossa, rifiuta il Partizan per vestire la maglia della Crvena Zvezda. Diventerà il più giovane nella storia a esordire e a segnare col suo club, 16 anni e 5 mesi. Ma non è il suo unico record: è anche il più giovane anche a disputare il Derby Eterno contro il Partizan e a segnare, qualche anno dopo, cinque reti in Bundesliga con la maglia dell’Eintracht Francoforte. “Devo tutto a Pavle Jevtić, detto Paja — rivela Jovic — è l’allenatore di quando ero soltanto un bambino, prima di passare alla Stella Rossa.Mi allenavo con lui nel suo giardino ogni giorno, mi ha aiutato molto. È con lui che ho imparato a colpire di testa e a usare entrambi i piedi”.
Dopo l’exploit a Francoforte approda al Real Madrid, ma non riesce ad affermarsi e ha bisogno di rilanciarsi. L’occasione gliela offre la Fiorentina, che la scorsa estate lo acquista con una formula inedita per il mondo del calcio grazie all’intermediazione di Fali Ramadani. “Avevo altre squadre interessate – ammette il serbo -. Ho scelto la Fiorentina perché mi seguiva da molto tempo e qui posso crescere tanto. Si sono comportati tutti bene con me, i dirigenti mi stimano e ringrazio il presidente Commisso che mi ha fortemente voluto. Cerco di dare tutto perché questo è l’ambiente ideale per ritrovarmi“.
Dieci gol fin qui in stagione, sei dei quali firmati in Conference League dove è anche il cannoniere attuale del torneo. “Appena sono arrivato alla Fiorentina ho detto ai miei compagni serbi che avremmo vinto la Conference e la Coppa Italia – rivela Jovic -. Perché ogni anno da quando sono professionista ho vinto almeno un trofeo ovunque sono andato“. I viola possono davvero ambire ad alzare un trofeo come quello europeo? “Certo che possiamo vincerla – continua l’attaccante -. La cosa più importante è prepararsi mentalmente, ripetere a noi stessi che ce la possiamo fare perché abbiamo le qualità per vincerla. Tutto dipende dalla testa, ogni duello sarà duro ma abbiamo la possibilità di arrivare fino in fondo”.
Il momento di grande forma del compagno di reparto Cabral non condiziona Jovic, anzi: “Ho un ottimo rapporto con Arthur, sono contento quando segna. All’inizio qualcuno diceva che non riuscivamo a segnare ma ora sono contento che entrambi riusciamo a farlo”.
Jovic torna anche sull’esperienza fallita a Madrid: “Al Real è andato tutto per il verso sbagliato fin dall’inizio. Mi sono trasferito dall’Eintracht troppo presto, dopo soltanto una stagione al top. Tutti i riflettori erano su di me. Hai l’occasione di giocare coi migliori ma hai anche bisogno di tempo: qualcuno ci riesce, altri no“. E non è una questione di pressione: “Quando giochi il Derby Eterno a 16 anni, impari in maniera naturale a gestirle. Quando ho avuto l’occasione di mettermi in mostra, sono esploso” .
Stasera in un Franchi tutto esaurito ci sarà anche suo padre Milan, per la prima volta in Italia per seguire il figlio da vicino: “Non posso dimenticare i loro sacrifici, il mio è un paese povero e loro mi hanno sempre dato tutto per realizzare il mio sogno“.

Di
Redazione LaViola.it