Come mai la Fiorentina non torna a puntare su una politica di scouting per quanto riguarda il mercato, che nel recente passato ha portato i vari Jovetic, Nastasic e Vlahovic?
Dagli ultimi calciomercati viola mi resta la sensazione che il peso del nostro scouting abbia dimensioni esigue rispetto alla mole di trattative che hanno portato a Firenze giocatori già noti e dal rendimento non sorprendente, in tutti i sensi.
Il nostro difficile inizio di stagione può anzi spingere alla riflessione su quel che da tempo avviene in altre piazze. Dal Napoli dei Kvaratskhelia all’Udinese dei Bijol, culminando col Milan dei Kalulu, per non parlare di ciò che avviene all’estero, la sensazione è quella che i nostri calciomercati siano stati eccessivamente improntati all’acquisto di giocatori conosciuti, talvolta gravitanti in squadre di media classifica senza aver mai fatto un salto di qualità definitivo.
Per fare un paragone calzante: al posto di richiamarlo dopo stagioni sfortunate allo Schalke, perché non si può pensare a trovarlo, un nuovo Nastasic? O a trovare un nuovo Jovetic? Un nuovo Vlahovic?
Perché non possiamo pescare maggiormente, come avviene oggi coi Maldini, i Massara e i Moncada, i Marino e i Corvino, i D’Amico, i Sartori e i Sabatini, nei campionati del Belgio, dell’Olanda, nella prima e seconda serie francese? Direttamente in Sudamerica o nei Balcani e non solamente per le giovanili, ma già per la prima squadra?
La necessità di investire di più sullo scouting, inoltre, è per noi sia sportiva che economica: lato campo permetterebbe di portare a Firenze giocatori funzionali a costi anche contenuti, interpreti sicuramente più famelici ed imprevedibili di tanti gravitanti da anni in zone mediane delle classifiche, che nella Fiorentina possono vedere più un punto di di arrivo che di partenza.
Dal punto di vista economico se possibile la necessità è ancora più stringente: tra gli acquisti recenti di Ikoné, Mandragora, Cabral e quelli passati dei vari Igor, Bonaventura, Maleh, Duncan, Nico Gonzalez, Kouamé e altri, fatico a trovare un giocatore oggi concretamente vendibile ad una cifra mostre come furono quelle di Chiesa e Vlahovic, ma anche (per l’epoca) quelle di Jovetic e Nastasic, o capace di generare plusvalenze quali quelle per i già citati Kvara o Kalulu, ma anche per i Molina, gli Ederson e giù a seguire. Vuoi perché i nostri sono giocatori comprati ad alto costo una volta scoperti da altri, vuoi per un rendimento non sempre all’altezza della spesa.
Il rischio conseguente, in assenza di grandi colpi in uscita, è che alla lunga manchi anche la forza per reinvestire con forza e rinnovare con positiva progettualità. La Fiorentina è sempre stata una società capace nell’ambito della valorizzazione e del lancio ad alto livello di importanti talenti, italiani ed esteri. Nel calcio di oggi tale vocazione dovrebbe essere ulteriormente approfondita proprio per non trovarsi a rischio corto circuito in entrambi i livelli.
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Di
Alessandro Catto