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Editoriali

Un mese di stagione per mettere in discussione tutto. Dalla società all’arbitro, dai giocatori all’allenatore: il rimpallo delle responsabilità

Italiano

Dalla lotta salvezza alla qualificazione in Europa, eppure adesso sembra tutto in discussione. Periodo nero, ma uscirne si può

Possono trenta giorni e nove partite mettere in discussione quattordici mesi di lavoro e risultati? Evidentemente sì. Viste le reazioni della piazza, su siti, social e radio ma anche con i fischi allo stadio, vista la preoccupazione palesata dall’allenatore, visto il nervosismo dimostrato dalla società per il rendimento della squadra, i mancati risultati e le critiche ricevute. Nonostante l’obiettivo principale, quello del passaggio dei playoff di Conference, sia stato centrato, nonostante tanti alibi, difficoltà legate alla serie incredibile di partite ravvicinate (nessuno ha giocato tanto quanto la Fiorentina) e infortuni di giocatori importanti (da Milenkovic a Gonzalez, da Igor a Duncan e ora Dodo).

IN DISCUSSIONE. Eppure tutto il lavoro della gestione Italiano sembra ora davvero essere messo in discussione. Una stagione oltre le aspettative, la scorsa, quasi cancellata dalla memoria dopo le 7 partite senza vittorie. Per via di scelte societarie che in molti hanno discusso, dalle cessioni di Vlahovic e Torreira in giù, per un mercato che era partito con i botti ma che alla lunga non ha convinto, per una squadra arrivata non pronta fisicamente al primo blocco di stagione, per un gioco troppo spesso prevedibile e troppo spesso senza alternative. Il risultato è una Fiorentina bloccata a 6 punti in classifica dopo 6 giornate, distante 6 lunghezze da quel 6° posto che vorrebbe dire “migliorarsi” (ovvero l’obiettivo dichiarato di inizio stagione), con la metà dei punti di un anno fa e già alla gara (quasi) decisiva in Conference a Istanbul contro il Basaksehir. Con una difficoltà incredibile nel segnare, spesso anche nel costruire occasioni, con le solite amnesie difensive che possono compromettere tutto.

SCARICA. Se ne può uscire? Certo, è passato solo un mese di stagione. Ma la svolta deve avvenire, forse, prima nella testa che nelle gambe. Per una squadra troppo ‘piatta’, con poco mordente e poca umiltà, come sottolineato da Pradè a Bologna. Al di là della qualità di chi è chiamato a sostituire i partenti (giocatori che avevano trascinato il gruppo, come Vlahovic, Torreira, Odriozola, non solo a livello tecnico ma anche come mentalità), è una squadra scarica nelle energie mentali e fisiche. Le tante partite ravvicinate hanno inciso, forse in maniera decisiva, visto che anche lo scorso anno le cose migliori la Fiorentina le ha fatte vedere quando ha potuto preparare le gare di settimana in settimana. Ma che sarebbe stata una stagione complicata per via degli impegni uno dietro l’altro si sapeva. “Non si può essere sempre arrembanti”, ha detto Italiano. Ma allo stesso tempo lo scorso anno ha ripetuto un concetto fondamentale: “Se questa squadra non va al 100% va in difficoltà”. Ed è la verità. Mentre nel frattempo non si sono trovate contromisure, potendo contare invece su giocatori importanti (o decisivi) fuori condizione o infortunati. E se la Fiorentina non va al massimo, appunto, fa fatica a girare. Tanta fatica.

LUCIDITA’ NEGLI EPISODI. Non a caso le prestazioni migliori Biraghi e compagni le hanno fatte contro le grandi. Con il Napoli, contro la Juve, con il Twente finché ha retto la condizione. È vero che gli episodi tante volte hanno detto male (il fallo su Quarta a Bologna, la spinta su Venuti contro l’Udinese, il rigore sbagliato da Jovic con la Juve, le tante occasioni avute con Napoli, Riga e non solo), ma spesso sono state la mancata lucidità e la mancata brillantezza a frenare la Fiorentina. Oltre alla scarsa foga agonistica. Giovedì in Turchia sarà un match contro l’avversario più forte del girone, che ha preso 4 gol in 12 gare stagionali non perdendo mai: le motivazioni saranno parecchio alte insomma, la speranza è che si possa rivedere la Fiorentina vista contro Napoli e Juve.

RIMPALLO DI RESPONSABILITA’. Mentre da Bologna è iniziato (anzi, forse continuato) il rimpallo per le responsabilità sul momento negativo. Se Pradè ha usato parole forti nei confronti di Orsato e il Var, il ds non ha comunque lesinato qualche frecciata alla squadra (parlando di umiltà forse persa e meno voglia di aggredire pallone e avversari). Mentre Italiano ha portato la responsabilità su di sé e sui giocatori al di là degli episodi arbitrali. Ma è altrettanto vero che più di qualche scelta della società negli ultimi mesi non ha pagato sul campo. Se l’operazione Vlahovic è stata “fenomenale” a livello economico (è valsa praticamente il fatturato di un anno, è innegabile), sul campo si sono persi quei gol che aveva garantito il serbo, con Piatek durato sei mesi e Cabral-Jovic lontani al momento da un livello accettabile. Torreira non è stato riscattato a 15 milioni e poi è andato in Turchia per meno di un terzo di quella cifra, è vero, ma in mezzo al campo la squadra ha perso il trascinatore della seconda parte della scorsa stagione nonché uno dei leader carismatici. Ikonè, che doveva essere l’esterno in grado di cambiare marcia alla Fiorentina di Italiano, è entrato in un tunnel fatto di paure. Mandragora sta dando poco per il cambio di passo in mezzo, in difesa la coperta è rimasta corta senza rinforzi nel reparto. Magari tra qualche settimana Jovic inizierà a segnare a raffica come aveva fatto a Francoforte, Cabral come aveva fatto a Basilea, Mandragora potrà garantire geometrie, più copertura e più gol di Torreira (insieme ad Amrabat, nel frattempo promosso), Quarta potrà diventare quel centrale di temperamento e affidabilità che tutti speravano al suo arrivo, Ikonè potrà scrollarsi di dosso le negatività e diventare una freccia imprendibile. Lo speriamo tutti, ma al momento queste scommesse non sono state vinte e la Fiorentina sta pagando dazio sul campo.

VENIRNE FUORI. “Cosa dovevamo fare di più?”, ha commentato Pradè, dopo anche le parole di Commisso. E allora palla a Italiano, con la vicinanza comunque della società e del presidente nel lavoro quotidiano. È il momento del lavoro, testa bassa, per uscire tutti insieme dalla situazione complicata. Venirne fuori si può, perché alla base c’è un lavoro importante, anche se ora è offuscato da tanti aspetti negativi e dai risultati che non arrivano. Ma sarebbe ingeneroso rinnegare il percorso che ha portato fin qui. Ci sono due gare delicate prima della sosta, quando si potrà fare un primo vero bilancio e quando si potrà lavorare con più calma con coloro che non andranno in Nazionale. Basaksehir e Verona, cambiare il trend si può. Per riprendere anche quell’entusiasmo che nelle ultime settimane si è decisamente perso.

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