L’assenza di Vlahovic si è fatta sentire, ma la Fiorentina ha perso (malamente) soprattutto per le solite amnesie difensive
“Difendere bene e attaccare benissimo”, è vero. Ma se nella fase offensiva ci vorrà del tempo per inserire al meglio i nuovi arrivati, dietro la Fiorentina continua a commettere i soliti errori. Nei singoli e di squadra. E così lo scontro diretto contro la Lazio è finito con un’imbarcata pesantissima da digerire. Sì, i viola hanno avuto anche gli episodi per girare la partita a loro favore: il colpo di testa di Cabral parato da Strakosha, il tiro fuori di poco di Bonaventura, la conclusione ‘telefonata’ di Torreira. Ma nell’economia della partita si fa fatica a non parlare di vittoria stra-meritata della squadra di Sarri.
STRATEGIA. Baricentro basso e palleggio di qualità per uscire da un pressing non ben organizzato della Fiorentina, poi le imbucate per Milinkovic-Savic, Immobile e gli esterni. Un canovaccio tattico piuttosto chiaro senza che Italiano e i suoi ragazzi sapessero porre contromisure. Certo, è pesata tanto – e peserà senz’altro ancora – l’assenza di Vlahovic, ma non solo nella finalizzazione (aspetto comunque decisivo in questo giochino chiamato calcio). Soprattutto però la differenza con questo Arthur Cabral (logicamente appena arrivato in una ‘macchina’ che iniziava a girare benissimo) si è vista nel gioco di squadra, nelle sponde per i compagni, nella battaglia sui palloni sporchi. Aspetti in cui lo stesso Vlahovic è dovuto migliorare tanto rispetto ad inizio stagione. Ma con Dusan la squadra sapeva, in assenza di spazi o di fronte al pressing avversario, di poter trovare una sponda sicura in avanti senza troppa fatica. Salire insieme e costruire l’azione nella metà campo offensiva.
OCCASIONI CONCESSE. Con il brasiliano, logicamente, questi meccanismi andranno trovati col tempo. E al di là anche di possibili contraccolpi psicologici su un gruppo che ha vissuto di entusiasmo nella prima parte di stagione e si è visto andar via il giocatore migliore sul più bello (nessun ambiente né lavorativo né sportivo può rimanere del tutto indifferente ad una situazione simile), è stata proprio la strategia di squadra a fallire ieri contro la Lazio. Perché la difesa altissima può essere anche un vantaggio, ma la realtà ha fatto emergere più volte mancanze evidenti nella fase difensiva. Pacchetto arretrato, centrocampo ed esterni, tutti inclusi. Nei numeri, la Fiorentina è tra le squadre che in campionato hanno concesso meno tiri agli avversari: 10,6 in media a partita, meglio hanno fatto solo Napoli e Juve. Ma ha incassato 33 gol in 23 partite, media di 1,43 reti a gara. Insomma, concede spesso occasioni ghiotte agli avversari. Come ieri, quando Milinkovic-Savic e Immobile si sono presentati a tu per tu con Terracciano, come avevano fatto anche nel primo tempo (quando era stato bravo il portiere viola).
SCELTE. Non è certo la prima volta che la Fiorentina subisce questo tipo di situazioni. Anche perché gli avversari sanno che possono colpire negli spazi alle spalle della difesa viola. Così come gli errori di Duncan e Biraghi in copertura su Milinkovic-Savic, e poi le ‘buche’ di Nastasic sul secondo e terzo gol non sono certo le uniche lacune di una stagione piuttosto ricca di svarioni difensivi. ‘Normale’ quando giochi in un certo modo e quando l’attenzione viene meno in certe fasi delle partite. E se qualche perplessità è rimasta, prima e dopo, sulla scelta di Nastasic su Immobile, così come sulla strategia di squadra nel fronteggiare (non bene) la tattica di Sarri, Italiano ha difeso il suo undici iniziale: “Le scelte vengono fatte dopo il lavoro al centro sportivo, dove si lavora tutti insieme. Sono ponderate. È normale che all’inizio le scelte siano corrette, poi se perde 0-3 qualcosa non è andato. Ma a Napoli con questa linea difensiva abbiamo vinto 5-2″. Ora bisogna certo guardare avanti, ma l’impressione è che a Bergamo contro l’Atalanta servirà decisamente un’altra prestazione di squadra, specie in difesa, per non imbarcare acqua contro Muriel e compagni. Al di là del centravanti c’è una retroguardia che, non toccata dal mercato, deve migliorare (e non poco) con il lavoro quotidiano.
Di
Marco Pecorini