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Repubblica. Ribery, segnali da leader. Le parole giuste sono anche sui social

Ribery

Il rapporto col web e i rischi della comunicazione immediata L’esempio del francese, punto di riferimento anche in questo caso

Le parole di Sebastien Frey rilasciate a Repubblica hanno puntato l’attenzione su uno dei temi caldi per la buona riuscita di una stagione: formare un gruppo solido, affiatato, compatto. La modernità che nella comunicazione porta rapidità, istantaneità. Non sempre facilmente coniugabile col mondo del calcio, anche dei professionisti. Ne sa qualcosa Biraghi, per fare un esempio. Lo scrive la Repubblica.

Dopo una sua partita da brutti voti in pagella, siamo nel 2017 e l’avversario è il Chievo Verona, il laterale sinistro venne pesantemente insultato proprio sui social. Lui si scusò per gli errori commessi in partita ma poi apostrofò come “fenomeni da tastiera” tutti coloro che lo avevano insultato. Lo fece sui social, ovviamente. Nel frattempo il peso di questi strumenti di comunicazione e di interazione è notevolmente aumentato. Scrive la Repubblica.

Le società hanno dei regolamenti interni ma non sempre è facile gestire il tutto. In questa stagione l’esempio lampante è quello di Callejon. L’esterno offensivo che torna a Napoli, dove ha vissuto anni e momenti eccezionali, e si fa fotografare negli spogliatoi insieme ad alcuni componenti dello staff partenopeo (dopo un pesante 6-0 a sfavore). Una foto ricordo che poi viene subito postata da un membro del Napoli. Buone intenzioni, buona fede ma non sempre al momento opportuno.

E così la foto viene rimossa, col dispiacere del giocatore in prima persona che aveva chiesto che la foto rimasse privata. Chi è un esperto, in tutti i sensi, è Ribery. Cinque milioni e mezzo di seguaci solo su instagram e tanto feeling coi social. Con un utilizzo però molto attento, in tutti i suoi aspetti. Il francese, indicato da Frey come leader e trascinatore anche dei più giovani, è un punto di riferimento all’interno del gruppo. Sa quando caricare e quando, invece, affidare al silenzio il suo pensiero.

Le faccine arrabbiate dopo la sconfitta con la Roma (e la sostituzione di Prandelli), l’abbraccio con Iachini pubblicato al momento del suo esonero, a novembre, con questo messaggio: «Ti auguro tutto il meglio per il futuro mister. Spero che ci rivedremo ancora qualche volta». Quattro mesi dopo si sono rivisti. Stesso centro sportivo, stessa causa. Una volta la rabbia veniva sfogata all’interno dello spogliatoio e rimaneva lì. Adesso tutto potenzialmente può venire amplificato in qualsiasi momento. Eysseric, dopo la sconfitta col Milan, ha condiviso un video che focalizzava l’attenzione sul contatto tra Pezzella e Ibra. E un messaggio: « Vergognoso». Poi la precisazione: «Chi sono io per mancare di rispetto ad una squadra come il Milan con grandi giocatori. Però quando ci si gioca la salvezza e c’è un’azione che mi sembra ingiusta lo dico e lo posto (vi voglio bene)».

Anche Vlahovic ha dovuto fare i conti coi social e con la loro parte più aggressiva. Dopo l’errore sotto porta con l’Inter, a inizio stagione, preso dalla rabbia ha dovuto addirittura cancellare tutte le foto per resettare il profilo e ricominciare da capo. Il motivo? Qualche commento ben al di sopra delle righe di alcuni utenti nel post partita di San Siro. Anche da questi dettagli, che poi dettagli non sono, si possono carpire dei segnali. Dei messaggi. E i social, oggi più che mai, sono il riflesso pubblico di quanto accade privatamente nello spogliatoio.

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