
Prandelli era rimasto solo a combattere contro i mulini a vento. Nella Fiorentina errori da dilettanti e una squadra che pensa ad altro
Quando il calcio mette in scena il suo volto umano improvvisamente ci si accorge del valore della dignità, delle debolezze troppo spesso nascoste dietro il paravento del business, del marketing e delle sfide egotiche e muscolari. Cesare Prandelli lascia la panchina della sua amata Fiorentina. Il suo era stato un ritorno maledettamente romantico, una misurarsi con la città che ama, con i suoi giorni felici, con una gara per ritrovare se stesso, per rivivere quei momenti, per rientrare in un gioco che lo aveva messo da parte troppo a lungo. Quella sfida è persa, ma il valore di un uomo che forse non sarà più adatto a vivere in quel mondo dove respiri il profumo dell’erba e fai i conti con momenti di gioia, critiche, progetti veri o fasulli, dirigenti amici per comodo, giocatori pronti a voltarti le spalle e a giocarti contro per convenienza, non potrà mai essere messo in discussione. Così scrive La Repubblica.
SENZA STRADA. La scelta di Prandelli ha scosso la città orfana da troppo tempo di ambizioni e una società fragile, incapace nel giro di due stagioni di trovare una strada, un’idea, un allenatore utile alla causa e perfino degli obiettivi degni di questo nome, cioè il minimo garantito per fare calcio. E così torna Iachini, che forse non è mai andato via, perché lui è il pupillo del capo, e mandarlo via non era stato affatto facile. Anche Beppe è una brava persona. Iachini dovrà salvare la Fiorentina, dovrà ricominciare il lavoro iniziato mesi fa e probabilmente rimettere le mani là dove Prandelli, alla ricerca di un equilibrio, aveva lavorato in mezzo a tensioni e guerre di spogliatoio.
VELENI. Tutti sanno che l’uomo che lascia era rimasto solo a combattere contro i mulini a vento. Ci ha provato, ha sofferto, ha gioito, ha perso, ha sentito che qualcosa si era rotto, soprattutto dentro di sé. Lui sapeva che a fine stagione avrebbe rischiato un altro addio. Ma un conto è immaginarlo e fare di tutto per far cambiare idea ai suoi dirigenti. Un altro è vedere una squadra che pensa ad altro, schivare i coltelli, stare attento al veleno che ti preparano quando giri le spalle. Ma se la dignità non ha prezzo, Prandelli ha fatto la scelta giusta. Così come fece Pioli, quando comprese di non avere più nessuno alle spalle a dargli una mano.
RITORNA BEPPE. Adesso Iachini torna nella società che lo ha mandato via, parlerà coi dirigenti che, a microfoni spenti, hanno sempre giustificato gli errori di mercato con una frase classica: quello l’ha voluto Iachini, l’altro anche. E non parliamo dei migliori.
RESPONSABILITA’. Dalla sua c’è la fiducia totale del numero uno, colui che ha battuto il pugno per la sua conferma, sconfessando il lavoro dei suoi dirigenti. Quello che conta adesso è mettere da parte tutto questo. C’è la salvezza da conquistare, una squadra da rimodulare per l’ennesima volta. Ma la vera domanda è: avranno capito che due stagioni di calcio povero e sempre a rischio, allenatori che vanno e vengono, giocatori svalutati, talenti incompiuti, programmi messi insieme senza alcun senso apparente, risultati mediocri, forse sono figli di errori e ingenuità da dilettanti? Avranno capito che cercare sempre colpevoli altrove e non fare mai i conti con le proprie responsabilità genera solo danni?

Di
Redazione LaViola.it