
Prandelli, il gruppo e quelle bordate togli alibi. Dalle panchine mal digerite fino al ‘rifiuto’ della difesa a quattro, i lunghi segnali di un rapporto da sùbito in salita
In quel “non mi ci riconosco più” c’è molto del Prandelli uomo, ma anche del Prandelli tecnico. Il mondo del calcio in cui si è ritrovato per amore della Fiorentina non è più il suo. L’uomo e il tecnico, perché la sensazione neanche troppo velata è che dentro lo spogliatoio viola ci sia più di qualcuno che ha mal digerito le idee tattiche e umane di Prandelli. Da subito.
DALLA CAROTA DI IACHINI AL BASTONE DI CESARE. Sull’aspetto umano di Cesare è già stato detto quasi tutto. La struggente lettera con cui si è congedato dalla Fiorentina e dal calcio parla da sola. Ma è solo l’apice di mesi in cui ha provato a tirar fuori valori umani da un gruppo che, evidentemente, ne è privo.
I calciatori sono passati dalle coccole di Iachini alle bordate pubbliche di Prandelli. Dalla ricerca quasi grottesca di alibi anche dinanzi a prestazioni orribili come quelle col Parma o col Padova in Coppa Italia dei primi mesi di questa stagione, in cui Iachini parlava di “ottime prove” da parte della squadra nonostante quella Fiorentina o non tirasse in porta (“Sepe è stato il migliore in campo”) o rischiasse di sbandare contro una squadra di Serie C, si è passati al “abbiamo visto i dati fisici, siamo stati imbarazzanti” di Prandelli nel dopo gara col Benevento dell’andata. La perpetrata sottolineatura pubblica da parte di Prandelli di mancanze di valori come attaccamento e rispetto per la maglia viola, col rimarcato concetto “è nei momenti di difficoltà che si vedono gli uomini veri”, ha messo il carico.
Al gruppo non è piaciuto essere messo alla berlina, con l’essere finiti nel mirino dei tifosi con quel doppio striscione “rispetto per la maglia”, fino alla mini contestazione pre Parma che per qualcuno è stato considerato una naturale conseguenza di quanto veniva detto dal tecnico. Da qui tutte le considerazioni sull’essere rimasto solo, perché dinanzi ad alcuni atteggiamenti e mancate risposte sul campo da parte dei giocatori, forse, Prandelli si aspettava un supporto da parte della dirigenza e della società.
PANCHINE, ESCLUSIONI E MODULO. Castrovilli lasciato fuori per scelta tecnica, Biraghi e Amrabat fuori per ‘misteriosi’ infortuni sono solo l’emblema di uno spogliatoio in cui, ormai, Prandelli non aveva più grande seguito. E riavvolgendo il nastro si scopre come questi segnali fossero evidenti ormai da settimane. Era stato ingaggiato dalla Fiorentina per dare gioco, idee nuove e cambiamenti. Ma dopo aver provato a cambiare assetto tattico passando alla difesa a quattro è stato costretto ad arrendersi. Anche pubblicamente, con quel “sono tornato alla difesa a tre per togliere alibi alla squadra” che aveva già il sapore della resa dinanzi alle volontà di una squadra che pensava di trovarsi meglio con quell’assetto. “Per fare la difesa a quattro ci vogliono almeno due mesi di lavoro” disse Prandelli dopo aver ‘accettato’ le richieste dei suoi difensori, che nel frattempo, anche con la difesa a tre diventata spesso a cinque, sbandavano con errori imbarazzanti. Possibile che giocatori di Serie A, nazionali, non siano in grado di apprendere i meccanismi di una difesa a quattro in pochi giorni? Una dichiarazione che col senno del poi spiega tante cose. Dal “Amrabat mi ha detto che vuole giocare lì, regista” di Iachini si è passati alle panchine ‘punitive’. E guarda caso, quando Prandelli ha riprovato a mettere la squadra a quattro dietro, Martin Caceres all’intervallo di Fiorentina-Milan si era espresso così: “nuovo assetto tattico dietro, vi trovate bene? ….Dobbiamo fare quello che vuole il mister” con sorrisi e pause nella risposta che parlavano da soli.
ORA TOCCA AI CALCIATORI. Fin qui segnali, interpretazioni e cronistoria. Ri-tocca a Iachini raddrizzare la rotta. Salvare la Fiorentina e riportare serenità in uno spogliatoio che dopo aver mal digerito il Cesare uomo e il Prandelli tecnico ritrova lo ‘scudo’ Iachini. La situazione è di piena emergenza. Adesso gli alibi sono finiti. Le risposte saranno affidate al campo e ai calciatori. E stavolta non c’è più tanto tempo.

Di
Gianluca Bigiotti