
L’innovazione tecnologica e quella calcistica secondo Ludwigzaller
Nel 1965 Gordon Moore, un imprenditore americano che, dopo aver ricevuto un phd in chimica, lavorava nel campo dei semiconduttori, enunciò una legge. Secondo Moore “il numero di transistor che è possibile stampare su di un circuito integrato raddoppia entro due anni” (“Cramming More Components Onto Integrated Circuits”). Occorre spiegare che quella di Moore non era una vera e propria legge, ma piuttosto un’osservazione empirica, che indicava le immense capacità di sviluppo dell’industria informatica. In seguito Moore fondò una delle più grandi aziende nel campo dei conduttori, la Intel, a lungo fornitrice della Apple.
La prima rivoluzione industriale era nata dall’intuizione di artigiani e imprenditori agricoli come Jethro Tull, che avevano applicato l’energia del vapore a semplici macchine tessili. La seconda rivoluzione industriale aveva al centro l’industria chimica. La rivoluzione informatica ha avuto la stessa capacità di cambiare il mondo delle prime due. In un articolo del Washington Post, Dominic Basulto ha elencato le conseguenze eclatanti della legge di Moore. Oggi, per esempio, un singolo smartphone ha più capacità di calcolo delle gigantesche macchine Olivetti che all’inizio degli anni sessanta avevano bisogno di un’intera stanza per poter essere alloggiate. Di conseguenza i prezzi degli elaboratori sono crollati. E l’applicazione dei computer alle attività umane ha avuto ricadute incalcolabili.
Ingaggiando Montella nel 2012 la Fiorentina si è trovata improvvisamente al centro dell’evoluzione tecnica del calcio. Quattro anni prima Pep Guardiola era arrivato alla guida del Barcellona, introducendo tutta una serie di novità che avevano reso il calcio precedente antiquato e prevedibile. La Fiorentina era stata una delle prime squadre italiane a mettersi sulla stessa strada, producendo un gioco mirabile e risultati significativi. La squadra di Montella fu ereditata da Paulo Sousa, che ne riprese la filosofia con apporti originali e personali. Dopo quei cinque anni, c’è stato un ritorno indietro. È come se, pur potendo disporre di circuiti integrati di ultima generazione, si fosse deciso di montarne di più vecchi e meno efficienti, essenzialmente per ragioni economiche. I pochi mesi in cui Montella è tornato alla guida della squadra non sono stati sufficienti a far rivivere l’antico spirito. Capita così, ed è un paradosso, che la squadra viola, di fronte al Sassuolo modernissimo di De Zerbi, appaia come un computer di vecchia generazione che si deve scontrare con la capacità di calcolo e le prestazioni dell’ultimo modello uscito dalla catena di montaggio dell’Apple o della Sony. Che il gioco, lo spettacolo e le vittorie vengano a mancare è inevitabile. Mi dispiace di dover esprimere questo giudizio sul calcio di Prandelli, che a suo tempo era stato un grande innovatore.
Innovare significa creare stadi più moderni e centri sportivi, ma altrettanto importante è assecondare il cambiamento nel campo specifico della strategia e dei sistemi di gioco. È un suggerimento che mi permetto di dare al nostro presidente, che di computer e d’innovazione se ne intende.
Auguri a tutti
di Ludwigzaller

Di
Redazione LaViola.it