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Tempi, tamponi e una domanda: un nuovo positivo e si ferma tutto?

Il ruolo dei medici sociali per la ripartenza a rischio ‘quasi azzerato’. Tra tempi corti e il dubbio delle distanze. Ma se ci fosse un nuovo contagiato…

Nel viaggio verso la ripartenza del calcio avranno in qualche modo il ruolo dei piloti. Sono i medici sociali, figure chiave per tutelare non solo calciatori e tecnici, ma anche l’intero «gruppo squadra», che da protocollo dovrà chiudersi dentro il proprio centro di allenamento per avvicinarsi il più possibile al rischio zero di contagio. I medici sociali saranno chiamati a entrare in diverse fasi della vita quotidiana della squadra radunata nel «luogo chiuso»: il protocollo prevede che operino una «costante valutazione clinica», diano «indicazioni sui comportamenti da tenere» e vigilino sulla «sanificazione», scrive La Gazzetta dello Sport.

DUE O CINQUE? Insomma, un compito molto delicato. Anche perché di fronte ad alcuni problemi non c’è uniformità di indicazioni medico-scientifiche. Ad esempio il cosiddetto «distanziamento sociale». Secondo il protocollo varato in sede calcistica dovrà essere di almeno due metri. Bisognerà rispettarlo nella fase iniziale. Ma le linee guida diffuse dalla Federazione Medico-Sportiva, relative allo sport per tutti, portano questa distanza a cinque metri. Vero che si tratta di ambiti diversi, quello calcistico e quello amatoriale, ma certo è una diversità che colpisce.

TEMPI. C’è anche un problema di tempi. I medici sono preoccupati dalla possibilità che il 4 maggio, sempreché naturalmente arrivi il via libera del governo che avrà l’ultima parola, sia una data troppo vicina. Dice Giuseppe Palaia, medico-bandiera del Lecce, un’esperienza chilometrica nel calcio: «Tutti vogliamo ripartire e ci stiamo impegnando per farlo. Su questo non ci sono discussioni. Bisogna riprendere quando il rischio è vicino allo zero. Il problema è che in questo momento i tamponi non sono a disposizione dei privati. E la gara per la scelta dei test sierologici dovrebbe produrre un risultato soltanto il 29 aprile, praticamente a ridosso del 4 maggio». Il rischio è che non ci siano dunque i tempi tecnici per poter arrivare puntuali all’appuntamento con la riapertura.

IN CASO DI NUOVO POSITIVO. Il punto più discusso, però, riguarda l’eventualità di una positività in corsa. I medici sociali devono inevitabilmente fare i conti con questo scenario. Il rebus è: cosa succederebbe se si incontrasse un caso? Il protocollo risponde per ciò che riguarda gli allenamenti. E prevede che la persona «positiva» – parte del gruppo squadra, quindi calciatore ma anche tecnico o fisioterapista – «dovrà essere isolato in una stanza ben aerata che dovrà rimanere chiusa senza che nessuno possa accedere a eccezione delle squadre di emergenza e degli addetti al soccorso». Che interverranno con i dispositivi di protezione limitando al massimo «il contatto stretto fino all’arrivo del soccorso di pronto intervento pubblico 112».

ISOLAMENTO. Ma i suoi compagni di squadra o di lavoro? Si procederà con «l’isolamento fiduciario con sorveglianza attiva», si ripristinerà la distanza interpersonale, ci sarebbe la sospensione temporanea degli allenamenti di gruppo, e un doppio esame del tampone in 24 ore, con test sierologici per tutti da effettuare subito e a da ripetere a distanza di 5-7 giorni. «Al momento attuale, però, le norme prevedono che si disponga una quarantena per chi è entrato in contatto ravvicinato», dice Palaia. E questo, se dovesse capitare a ripresa agonistica già avvenuta, porterebbe a una fermata generalizzata. Ipotesi peraltro che in Germania, dove sulla carta si dovrebbe riprendere nella seconda settimana di maggio, è scritta nero su bianco. Questo è uno dei punti su cui si discuterà di più stamattina nel super vertice da Spadafora (dove, però, i medici sociali non ci saranno).

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