
Quella voglia di scannarsi su Ilicic, sullo stadio e su un calcio che non si sa quando, come e se ripartirà. una voglia di normalità, che adesso è soffocata da bollettini medici, contagi e decessi
Annunci a raffica sulle principali reti tv, appelli, macchine che girano con altoparlanti chiedendo di stare a casa, autocertificazioni. Non è la guerra, ma lo scenario è apocalittico. La sanità lotta contro quella che è diventata una pandemia, i numeri salgono, e la paura cresce di giorno in giorno. E poi c’è il calcio.
O meglio c’era il calcio. Perché dopo i teatrini e le schermaglie dei primi giorni di un mondo, quello del pallone, che provava a fare resistenza per andare avanti in nome del dio denaro e di interessi di quelli o gli altri, adesso tutto si sta fermando. Giù il sipario. Anche il pallone non rotola più. In Italia, che è stato il terzo paese a doversi fermare, dopo la Svizzera e ovviamente la Cina. Tutto fermo, adesso in Inghilterra, Spagna, Scozia, Estonia, Danimarca, fermata la Champions, l’Europa League. In Usa tutto fermo, in Sud America niente gare delle nazionali, con invece l’Europeo che potrebbe saltare.
Ferma la Formula 1, la Moto Gp, con l’economia mondiale al collasso in uno scenario che ci costringerà a chissà quali duri sforzi e prese di coscienza per tornare chissà quando ai suoi regimi. E poi, come dicevamo, c’è il calcio. O meglio c’è quella maledetta voglia di normalità che in questi giorni ci stiamo dimenticando, e ci siamo dimenticati. In attesa di un nuovo bollettino di guerra da chi coordina la sanità, col terrore di un nuovo discorso del Premier, comunque la si veda politicamente e non (in questo momento non conta e non ci interessa in questa sede), e con l’urgenza di dover rimanere il più possibile presso le proprie abitazioni in attesa che tutto questo incubo svanisca.
Una voglia di normalità che contrasta questo stato di depressione che ci attanaglia ormai da giorni. Quella voglia di scannarsi sulle gesta di Josip Ilicic, tra chi lo rimpiange, chi dice che a Firenze non era questo, chi ricorda quanto venisse criticato ed offeso ai tempi dell’avventura in maglia viola, e chi dà le colpe a chi lo ha venduto per meno di 6 milioni perché c’era da ridurre gli ingaggi e quelli che ‘Ilicic? Chi se ne frega’. Intanto, la Uefa, lo ha nominato miglior giocatore della settimana in Champions.
Quella voglia di scannarsi di tutta una comunità, quella viola, sul cosa si dovrebbe fare con lo stadio. ‘Rifacciamo il Franchi’, ‘non si può ci sono i vincoli della soprintendenza’. ‘Facciamolo alla Mercafir’, con le differenti visioni tra Comune e Commisso sul bando, e il partito del ‘facciamolo a Campi’ con quella carenza di infrastrutture che anche gli stessi amministratori del territorio hanno evidenziato, e poi quelli che ‘ci sarebbe quell’area a Firenze….’. Fino ad arrivare alle più disparate candidature dei vari comuni, con più o meno veementi reazioni.
Quella voglia di scannarsi sulla tattica, su dove dovrebbe giocare Federico Chiesa, se esterno o punta, sul fatto che però dovrebbe segnare di più, e che a volte è troppo solista e ignora i compagni. O su chi dovrebbe giocare tra Badelj o Pulgar in mezzo al campo. E quella voglia di scannarsi sul tema allenatore: Iachini anche l’anno prossimo? E sulle battaglie di Commisso che vuole rivoluzionare il calcio italiano e chi lo comanda e/o influenza. Fa bene? Fa male? Rischia? Ci riuscirà? Quella voglia di veder tornare in campo Ribery e urlare abbracciati in uno stadio il nome di Davide Astori.
Tutto sospeso, in attesa che la palla torni a rotolare e si possa tornare ad impedire alla mente di doversi districare tra numeri di contagi, decessi, pandemie, e paure che rendono tutto il resto superfluo.
Quando, se, e come il calcio ripartirà non ci è dato saperlo. E’ impossibile al momento. C’è un’emergenza globale in atto, una pandemia, parola che la nostra generazione ed almeno un paio di precedenti non aveva mai avuto la disgrazia (per fortuna) di doverci avere a che fare. E sarà solo un gioco, con 22 persone che corrono in mutande dietro ad un pallone, ma quanto ci manca…

Di
Gianluca Bigiotti