
Ludwigzaller paragona la Fiorentina attuale a uno dei malati del passato descritti da Proust. E al momento la cura provata non sembra funzionare
A Combray, non lontano da Parigi, Marcel trascorre da bambino le vacanze pasquali ed estive, narrate da Proust nel primo volume della Ricerca del tempo perduto. Qui incontra personaggi memorabili, come la zia Léonie, che possiede una casa al centro del paese, e uno strano vicino, Charles Swann che i Proust guardano con diffidenza ignorando che nella capitale Swann incontra ambasciatori e partecipa ai ricevimenti dell’aristocrazia. È proprio la tante Léonie a fargli assaggiare quegli strani biscotti, le madaleine, il cui sapore farà scattare molti anni dopo in Marcel il meccanismo del ricordo involontario. La zia da tempo è immobilizzata a letto per via di una non meglio identificata malattia, non si muove dalla sua stanza, ma sa tutto quello che accade a Combray grazie alle informazioni che le fornisce la sua solerte cameriera Françoise. La zia Léonie anticipa singolarmente la sorte di Marcel, anche lui da un certo momento della vita costretto a letto per una forma d’asma, e assistito da una cameriera che è poi la stessa, invecchiata, Françoise.
Strano destino quello dei malati di un tempo, confinati tra quattro mura, nell’immobilità, condannati a trascorrere interminabili giornate solitarie accompagnate da un sonno intermittente. Questa strategia terapeutica non è più raccomandata. I medici moderni costringono i malati ad alzarsi appena possono, a fare movimento, a incontrare altre persone. E poi c’è il rito delle sedute di ginnastica. Al giorno d’oggi Proust sarebbe stato molto più longevo e attivo, e probabilmente non avrebbe scritto nulla, perché il nesso tra la malattia, la scrittura e la lettura, è spesso decisivo.
La Recherche sia detto per inciso è il romanzo più bello del mondo e della storia. Chi ci si misura con il giusto spirito riceve moltissimo in cambio, ma sono tremila pagine, bisogna mettere in conto almeno un anno di lettura, io ce ne ho messi circa due. Ma veniamo al punto. La Fiorentina, come Marcel e come sua zia, era ammalata. Giusto dunque tentare qualche nuova terapia. Ma in che cosa è consistita la cura? La squadra è stata sostanzialmente immobilizzata, con dieci giocatori terrorizzati a difendere dietro la linea della palla. I modesti avversari hanno imperversato, ottenuto un numero incredibile di calci d’angolo e alla fine hanno pareggiato. Le ansie dei giocatori si sono moltiplicate, il timore di sbagliare ha preso campo, le idee di gioco si sono spente. Il rimedio è stato peggiore del male e la prospettiva della relegazione appare francamente più vicina di quanto fosse la settimana precedente. Si doveva invece, più saggiamente, acquistare nuovi giocatori e, in attesa del ritorno di Ribery, confermare il vecchio allenatore o ingaggiarne uno altrettanto coraggioso e inventivo, capace di infondere nei giocatori audacia, voglia di giocare e fiducia nei propri mezzi.
Firenze è una piazza importante, ci sono molti intenditori e appassionati di calcio, è un ristorante di classe simile a quelli parigini descritti da Proust. Non si possono servire al Franchi gli stessi piatti che si ammaniscono in certe piazze della Serie B.
di Ludwigzaller

Di
Redazione LaViola.it