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L’articolo del tifoso: Oh capitano, mio capitano…

antognoni chievo curva

Tutti parlano del possibile ritorno di Antognoni nel gruppo manageriale della Fiorentina. Quasi una messianica attesa dell’uomo del destino che dovrebbe riequilibrare al meglio i rapporti tra tifoseria/città e società/proprietà/squadra. Mi auguro fortissimamente questo epilogo, ma mi permetto di dubitare del successo di tale operazione mediatica. Giancarlo ama la Fiorentina ed è amato da chiunque ami la Fiorentina. Questo è un assioma. E, come letto in vari articoli, la strategia dei Della Valle per un avvicinamento al Tifo ed alla Città passerebbe proprio attraverso il recupero in società di questa icona della fiorentinità calcistica.

Sono molto ottimista sulla possibilità di questa trattativa di andare in porto, molto probabilmente il “10” si ritaglierà un ruolo alla Zanetti nella Fiorentina del 2017. Temo però, al di là di un iniziale successo dell’operazione, che non porterà contributi duraturi al miglioramento dei rapporti tra la città e i proprietari della squadra. La lobby dei rosiconi, certo, perderà un argomento col quale attaccare i Della Valle. Ma credo si tratterà di un lifting estetico di breve durata. La frattura tra città e società calcistica ha radici più profonde. Radici passionali ed economiche che non saranno intaccate dal ritorno del nostro “Capitano”. Radici delle quali ho scritto recentemente in queste stesse pagine “del tifoso”.

Diego e Andrea Della ValleI tifosi rinfacciano ai Della Valle il fatto di non essere mecenati calcistici. Di non essere Morattianamente ricchi “scemi”. E i Della Valle, che ricchi sono di sicuro, non credo diventeranno scemi. Non inseguiranno mai, e personalmente ne sono lieto, i sogni di grandezza sportiva di una tifoseria che non sa, non ha mai storicamente saputo, coniugare le dimensioni e l’importanza della città alle dimensioni degli investimenti necessari a mantenere costantemente la squadra cittadina ai livelli delle strisciate, delle romane e del Napoli.

Come chi ha letto il mio precedente articolo già sa non sono fiorentino. Aggiungo per chiarezza che sono toscano e vivo e lavoro a Firenze. E che sono sposato da quattro lustri con una fiorentina purosangue, con un cognome che puoi trovare quasi solo sulle Pagine Bianche cittadine. Per cui conosco il fascino e la follia di questa città. Qui si crede diffusamente che l’importanza di Firenze sia direttamente proporzionale alla sua fama universale, alla sua bellezza, alla sua storia. Ma purtroppo per mandare avanti una società di calcio professionistica servono dati economici nei confronti dei quali bellezza e storia sono solo uno, e neppure il più importante, elemento.

I milioni di turisti che passeggiano le nostre vie, a naso in sù, ebbri di sindrome di Stenhdal, non sono il nostro bacino d’utenza televisivo; quello siamo noi, quel mezzo milione abbondante di residenti della città metropolitana. E neanche tutti. Perché nella gran massa di immigrati della quale faccio parte, il caso di uno che arrivi a Firenze già portatore sano di fede Viola, come me, è un eccezione! La gran parte, ognuno di voi come me ne conoscerà alcuni, sono tifosi d’altre squadre! Abbiamo il bacino d’utenza potenziale del Cagliari! O del Bologna! Pertanto i tifosi, ammesso che l’operazione Antognoni abbia successo, alla prima campagna acquisti torneranno a sputacchiare i Della Valle, rèi di non aver speso come l’Inter o la Juve.

La città poi, nei suoi salotti buoni, vive nei confronti dei Della Valle un complesso di inferiorità morale. Poiché, al fallimento della fiorentina Cecchigoriana, nessuno degli imprenditori locali fece nulla per il salvataggio del titolo sportivo, e sarebbero bastati quattro baiocchi, il fatto che questi forestieri abbiano poi, a fallimento avvenuto, collaborato con le istituzioni comunali per riportare il calcio professionistico a Firenze senza aver di fatto coinvolto in modo paritetico l’imprenditoria locale non è andato giù. È un boccone, questo, che si è intraversato all’epiglottide dei maggiorenti cittadini. Perché come ogni cane che guarda l’aglio, non l’avevano mangiato, ma non volevano che nessun altro lo mangiasse. Specie ora che con il progetto stadio l’aglio si può trasformare in tartufo.

diego della valle nardellaPerché certo dall’affare stadio i Della Valle vogliono guadagnare. Come i cinesi del Milan e dell’Inter. Come gli Agnelli a Torino. Gli americani a Roma. Come ogni imprenditore mondiale, che nel calcio moderno cerca sì visibilità, ma anche occasioni immobiliari altrimenti non praticabili. E di qui torna l’impossibilità di successo per Giancarlo nostro.

I rosiconi questo fanno. Rosicano per l’affare stadio! Della Fiorentina, loro, se ne fregano. Come se ne fregarono quando c’era da salvarla dalle trasferte a Poggibonsi! Rosicano perché, imprenditori provinciali e ciechi, non videro la possibilità di gestire una società di calcio di buon livello e contemporaneamente fare affari milionari in campo immobiliare. Con i quali arricchirsi e fare anche il bene della Fiorentina. Ecco perché nessun Antognoni salverà la Viola dai rosiconi. Non abbastanza a lungo. Mi spiace che senza renderseno conto i tifosi fiorentini si facciano complici di questi personaggi. La Viola non li merita. Sono mille volte meglio i Della Valle, che non hanno mai fatto mostra di essere dei ricchi scemi (anzi!), e che hanno sempre chiarito di voler gestire la società con attenzione ai bilanci, che questo esercito di criticoni che soffiano sul desiderio di vittorie di una città per mettere i bastoni tra le ruote di chi con pazienza e intelligenza, mantiene da anni la Viola nel gruppo di testa del campionato, nell’attesa che introiti maggiori, derivanti da stadio e affari connessi, consentano un ulteriore, ponderato, passo in avanti.

Quando un ricco scemo, l’archetipo del ricco scemo, ci condusse al fallimento ed alla scomparsa della Fiorentina vivevo ancora lontano da Firenze. In un paese di gobbi e altri strisciati. Ricordo ancora l’imbarazzo e la vergogna che provavo, mentre seguivo i successi della Florentia Viola nelle pagine della C2 dei quotidiani sportivi. Adesso, da qualche anno, ogni campionato c’è qualche strisciata alle nostre spalle. Non è molto. Aspetto molto di più. Per dirla “sousianamente” sogno molto di più. Ma non voglio correre il rischio, mai più, di ritrovarmi allo psicodramma del fallimento e della Lega Pro. Non voglio che un sogno possa diventare, ancora, quell’incubo…

di Luca Fe

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