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La ‘consapevolezza di essere forti’ e i limiti del campo. Quanto vale questa Fiorentina?

La seconda sconfitta di fila, non per caso ma per pieni demeriti della squadra, apre la crisi in casa viola. Tutti sotto accusa.

Dalla società hanno parlato fin da subito di annata di transizione. Di costruzione di una Fiorentina che nel tempo dovrà tornare ai vertici del calcio italiano. E a puntare a vincere un trofeo. Il mercato iniziato in ritardo, le difficoltà di costruire una rosa in fretta e furia, così come quelle di lavorare con il gruppo da metà settembre. Chiaro che serva tempo, pazienza, lavoro quotidiano. Ma altrettanto lecito aspettarsi una crescita, generale e individuale. E una squadra che lotti, più degli altri, che abbia voglia di migliorarsi. Di stupire. Come era stato fino ad inizio ottobre.

INVOLUZIONE. Da allora, invece, c’è stato un progressivo tracollo. Da quello 0-0 a Brescia la Fiorentina ha raccolto 5 punti in 6 partite. E ha vinto solo in rimonta contro il Sassuolo. In questo lasso di tempo, escludendo chi ha giocato una partita in meno, solo Bologna, Torino e Brescia hanno raccolto meno dei viola. Da quello che doveva essere un calendario favorevole per il salto di qualità, Chiesa e compagni si sono impantanati facendo emergere tutte le proprie debolezze. A livello mentale, tecnico, di personalità e di squadra. Le assenze, sì, hanno pesato. Specie in alcune partite, specie quelle di alcuni elementi (Ribery e Caceres) che riescono a trascinare i compagni. Ma non bastano come alibi. Perché anche con loro in campo, le cose sono migliorate di poco. È l’atteggiamento generale a lasciare perplessi, l’involuzione collettiva e dei singoli a preoccupare.

TUTTI SOTTO ACCUSA. E nel calderone, dopo 13 giornate, ci finiscono tutti. In primis l’allenatore, non capace di dare un’identità e un gioco alla squadra (pur in un tempo limitato a disposizione), di trovare contromisure nelle difficoltà, e soprattutto di far reagire un gruppo che, a detta anche di Badelj, non sa bene come uscirne. Nel mirino anche il mercato: la coperta corta in mezzo al campo, la mancanza di un centrocampista che possa alternarsi con lo stesso Badelj (che pare lontano parente della sua versione migliore), l’assenza di un centravanti vero e affidabile. Una squadra pensata sul 4-3-3 e poi impostata sul 3-5-2, con tutti i deficit del caso. Poi i singoli: Pedro, l’acquisto più costoso (circa 15 milioni), ha giocato solo qualche minuto e resta un oggetto misterioso, Lirola (oltre 12 milioni) ha reso quasi sempre sotto la sufficienza. Boateng, arrivato per essere trascinatore con la 10 sulle spalle, non ha praticamente mai inciso. Mentre dopo tre mesi di campionato l’aver tenuto Chiesa (sul quale si è anche riaperto il caso sul futuro) sembra sempre più un autogol, anche se sulla sua permanenza (rinunciando ai 60-70 milioni che sarebbero stati utili per rifare la squadra) è sceso con forza in campo, fin da subito, il presidente Commisso. Una scelta mai messa in discussione.

‘SQUADRA FORTE’. Da questo scenario emergono poi le sensazioni della squadra. Che al di là del low profile della società, ha sempre mirato all’Europa come obiettivo stagionale. Lo hanno sempre confermato i vari giocatori nelle interviste degli ultimi mesi. “In settimana avevo chiesto chiarimenti alla squadra, loro hanno certezze di essere già una squadra fortemente competitiva. Da una parte è un bene”, ha confermato ieri Pradè. Già, dall’altra parte, come ha invece detto Badelj, è invece un peso che fa bloccare in campo la squadra. Incapace, evidentemente, di produrre quanto vorrebbe e si aspetterebbe, di giocare con consapevolezza nei propri mezzi.

QUANTO VALE LA FIORENTINA? Ma al di là di tutto, quanto vale questa Fiorentina? Montella e la società avevano parlato di partite-verità nelle ultime settimane, ma la risposta è stata preoccupante. “Si era alzato il livello di aspettative con i risultati eccezionali di qualche settimana fa”, ha detto ieri il tecnico, scatenando qualche polemica. “Questi risultati ci danno una bella ridimensionata”, ha aggiunto Pradè. La Fiorentina, dopo il 16° posto dell’anno scorso, è partita, a livello di monte ingaggi (e con una squadra quasi totalmente rifatta), dall’ottavo posto assoluto con 50 milioni lordi (dietro a Torino, Lazio, Napoli, Milan, Roma, Inter e Juve). E se qualcuna davanti ha fin qui deluso (Napoli, Milan e Toro), ci sono altre (Cagliari, Parma e Verona) che hanno messo sul campo qualcosa (anzi, parecchio) in più dei soldi per convincere molto di più della Fiorentina. Oltre all’Atalanta che, al di là dei 35 milioni di monte ingaggi, resta una delle prime forze d’Italia per gioco e organizzazione.

DETERMINAZIONE. Ad oggi la classifica, ad un terzo del campionato, dice 10° posto con 16 punti in 13 partite. Una situazione che, al di là dei punti, preoccupa per l’involuzione della squadra e per la scarsa risposta a livello motivazionale. Oltre che tecnico. Perché molto probabilmente sì, non sarà una Fiorentina in grado (al di là di quello che pensano i giocatori stessi) di lottare per l’Europa (e, secondo Pradè, anche a gennaio si potrà fare poco per inserire elementi di valore assoluto), ma senz’altro deve essere una squadra che in campo ci mette gli attributi, che ha voglia di crescere, che gioca per rendere onore ai migliaia di tifosi che ogni partita accompagnano i viola. Caratteristiche che, da qualche settimana a questa parte, non si sono viste. E su questo bisogna porsi più di un interrogativo. C’è modo e modo di crescere e di vivere (se davvero ce ne sono) annate di transizione.

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