
Era l’estate 2013, quella in cui Firenze abbracciava in un torrido pomeriggio di Luglio Mario Gomez, quella in cui il tridente composto dal tedesco, da Rossi e da Cuadrado tenuto al di là delle offerte di mercato, faceva sognare e pensare a risultati straordinari, tenuti nascosti per troppo tempo. Federico Bernardeschi era un giovane promettente, aveva trascinato a suon di gol la Primavera nella post season, ruotava nel giro della Nazionale Under 19 e aspettava il salto nel calcio che conta. Ecco allora la chiamata del Crotone, del direttore sportivo Ursino, ecco allora una proposta che in poco tempo non si rivelò un semplice prestito ma l’inizio di un processo di maturazione e di esplosione calcistica. Nel 4-3-3 di Drago Bernardeschi gioca 38 partite, realizza 12 gol, fornisce 7 assist e porta i pitagorici ai Play-off, persi con il Bari.
A Crotone inizia a sgrezzarsi un diamante e le sue prestazioni non passano inosservate nemmeno a Prandelli, che lo inserisce nello stage della Nazionale che prepara lo sciagurato mondiale in Brasile, unico giocatore di Serie B. A Crotone si afferma un giocatore che l’anno successivo conquisterà anche Montella, voglioso di tenere tanta qualità in rosa, di rifiutare un altro prestito e di fare del talento di Carrara una pedina fondamentale della stagione 2014-2015. Cinque presenze da titolare in campionato, tre in Europa League, i gol a Guingamp e Dinamo Minsk; tutto sembra perfetto fino all’infortunio al malleolo che compromette la stagione. Il resto è storia recente, con la definitiva esplosione e maturazione dello scorso anno, sotto i consigli di Sousa e nelle vesti di esterno in un 3-4-2-1 che illuminava l’Italia; poi l’Europeo, la Nazionale, l’endorcment sia di Conte che di Ventura e l’equivoco tattico di questa prima parte di Campionato.
Dubbi e perplessità rispedite al mittente da Domenica, con una doppietta che sa di rilancio, in vista di nuovi ambiziosi traguardi da raggiungere con umiltà, quell’umiltà che a Crotone il numero 10 viola ha imparato a coltivare. Stasera dunque una sfida particolare, amarcord, perché se è vero che Berna è legato a doppio filo con la Fiorentina, tanto da volerne diventare una bandiera, è altrettanto indubbio che dentro di sè si senta anche figlio di Pitagora.

Di
Duccio Mazzoni