
Il giovane attaccante serbo continua a convincere. E scala posizioni nelle gerarchie viola
In principio fu 3-5-2 con coppia d’attacco Jovetic-Ljajic. Poi si ritagliò il suo spazio anche Luca Toni, fondamentale con le sue caratteristiche diverse dai due -ic per sbloccare alcune partite contro avversari più chiusi. Ma il tema del centravanti classico che potesse fare la differenza ha sempre accompagnato l’avventura fiorentina di Vincenzo Montella. Dai piccoletti rapidi nel fraseggio, veloci, tecnici, al puntero classico quello della punta è diventato quasi un’ossessione della prima avventura gigliata dell’aeroplanino. Perché quella Fiorentina creava tantissimo, ma spesso sprecava troppo per l’assenza di un nove che facesse quei movimenti tipici del bomber d’area di rigore e che finalizzasse quella mole di gioco che la Fiorentina creava. Che sulla carta, appunto, doveva essere proprio Gomez. Ma come è andata ce lo ricordiamo tutti.
E non è un caso se Luis Muriel è stato bocciato. E non solo per la sua incostanza. Il colombiano, infatti, mal si sposa con il 4-3-3 da cui vuole ripartire Montella. Simeone idem. E Vlahovic? Il serbo, continua a convincere sempre più. Nonostante non abbia trovato il gol, anche contro l’Arsenal il classe 2000 viola ha mostrato ulteriori progressi. Nel riuscire a far reparto da solo, nei movimenti, nell’attacco della profondità, nell’esplosività e nella tecnica. Sempre meno macchinoso rispetto al suo arrivo, più rapido, e dotato di un tiro micidiale in grado di centrare quasi sempre lo specchio. E se non lo centra, come in occasione di quell’esterno mancino da dentro l’area uscito di un niente, ci va comunque vicinissimo.
Alla partenza per gli Stati Uniti Montella aveva speso ottime parole per lo stesso serbo, declassando, invece, il Cholito al ruolo di alternativa e mettendo lo stesso argentino al pari del centravanti della Primavera. Rimarcando, anche, la sua convinzione: tra Vlahovic e Simeone ne resterà uno solo, mentre arriverà un centravanti di spessore. Balotelli? E’ più di un’idea. Anche se divide le folle come è normale che sia. E poi c’è la sensazione che ci sia sul taccuino di Pradè e Barone un mister X non ancora uscito. Anche perché un conto è poter aggredire il mercato con i soldi di Chiesa, un conto è doverlo fare con Chiesa che rimane.
Certo è che se ti chiedono 30 milioni per Inglese, che poi è andato a Parma per 20 milioni, tanto vale puntare proprio su Vlahovic. Se Pavoletti costa 20 milioni, puoi tranquillamente provare a puntare sul serbo, se devi dare oltre 3 milioni di euro netti a Llorente puoi puntare su Vlahovic.
E se fino a qualche settimana fa questo pensiero era solo un’idea, con le prestazioni sul campo (anche se si tratta solo di amichevoli e calcio d’estate) e l’atteggiamento che sta mostrando in allenamento (arriva sempre per primo ed ha una fame calcistica immensa) sta diventando sempre più realtà. Le difficoltà e i tempi allungati per il mercato in entrata, insomma, potrebbe rientrare nel classico modo di dire del non tutti i mali vengono per nuocere, e regalare alla Fiorentina un numero nove classico, forte, giovane, affamato, e con margini di miglioramento grandissimi che si chiama, appunto, Dusan Vlahovic.

Di
Gianluca Bigiotti