
Secondo la procura, Davide si poteva fermare per sottoporsi a cure specifiche. Stagno e Galanti avrebbero violato i protocolli.
La Procura di Firenze ha chiuso le indagini sulla morte di Davide Astori, capitano della Fiorentina, avvenuta a Udine il 4 marzo di un anno fa. Rischiano il processo per omicidio colposo i due medici incaricati di certificare l’idoneità sportiva del calciatore: Francesco Stagno, come direttore sanitario dell’Istituto di Medicina dello Sport di Cagliari nel 2014, e Giorgio Galanti, all’epoca dei fatti direttore sanitario del centro di riferimento di medicina dello sport dell’Ospedale di Careggi a Firenze. Le difese hanno adesso 20 giorni di tempo per presentare nuovi atti difensivi. Così scrive Il Corriere dello Sport – Stadio.
PROTOCOLLI VIOLATI. La morte improvvisa di Astori, secondo quanto emerso dalla relazione del perito incaricato dalla procura di Firenze Domenico Corrado, sarebbe stata causata da una cardiomiopatia aritmogena diventricolare, come evidenziato già dall’autopsia svolta a Udine, tale da determinare il decesso improvviso. Secondo la Procura i due medici sarebbero responsabili perché avrebbero violato «i protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico».
REATI CONTESTATI. Nello specifico, a Stagno viene contestato di aver rilasciato al giocatore nel luglio 2014, quando Astori era tesserato per il Cagliari, un certificato di idoneità alla pratica sportiva agonistica in cui si attestava la mancanza di controindicazioni, nonostante le indagini abbiano ricostruito che nella prova da sforzo si fossero verificate due extrasistoli ventricolari isolate, non segnalate nel referto. A Galanti la procura ha contestato il rilascio ad Astori di due diverse idoneità alla pratica del calcio agonistico nel luglio 2016 e nel luglio 2017, quando era invece un giocatore della Fiorentina. Certificati, tutti, rilasciati nonostante secondo gli inquirenti fossero emerse nelle rispettive prove da sforzo aritmie cardiache.
ACCERTAMENTI OMESSI. Stagno e Galanti sono anche accusati di aver omesso di sottoporre il giocatore ad altri accertamenti diagnostici più approfonditi sull’origine e sulla cause delle extrasistole che avrebbero permesso di escludere una “cardiopatia organica” o una “sindrome aritmogena”. Per la Procura, se la patologia fosse stata riconosciuta e diagnosticata mentre si trovava in una fase iniziale, avrebbe consentito di interrompere l’attività agonistica e, tramite la prescrizione di farmaci, di rallentare la malattia, prevenendo l’insorgenza di “aritmie ventricolari maligne”.

Di
Redazione LaViola.it