
‘Europa, ci siamo’, ‘Facciamo in fretta 40 punti’, ‘Annata di transizione’: benvenuti sull’altalena Fiorentina. Umori che si intrecciano, di piazza, tifosi ed ambiente. Ma anche addetti ai lavori e protagonisti del mondo viola. Di annata di transizione, del resto, ne parlano dall’interno della Fiorentina, così come Pioli ha più volte ribadito che “nel giro di qualche anno punteremo all’Europa”. Conseguenze di una squadra giovane che deve crescere, trovare sé stessa, far fruttare le potenzialità. Anche colmando sul mercato lacune che ancora ci sono, nonostante gli oltre 70 milioni spesi in estate ed i soldi rimasti in cassa per l’autofinanziamento.
Cambi di umore che derivano, anche, da un calcio che va veloce e non ammette pause di riflessione. Un giorno te la giochi con tutti, quasi al passo delle prime, un altro devi guardarti alle spalle con qualcuno che teme perfino di rischiare la lotta salvezza. Certo, la Fiorentina ci mette del suo, con risultati e prestazioni altalenanti ed esami di maturità falliti. Successe al Bentegodi ad inizio ottobre, è accaduto domenica allo Scida. Estremi di un mese in cui la Fiorentina ha comunque fatto un mini-filotto (ma importante) con tre successi tra Udinese, Benevento e Torino. La classifica, insomma, si è rimessa in sesto, con i viola al 7° posto, ma resta la sensazione di una squadra incompleta e soprattutto immatura.
Immatura a livello di testa, a volte di idee di gioco, soprattutto nel concetto di squadra nelle situazioni difficili. Concetto sul quale sta lavorando Pioli, che a Crotone è rimasto ‘scottato’ proprio su errori tattici e di lucidità, tecnici e di compattezza. I calabresi avevano più ‘fame‘, e una squadra come la Fiorentina non può permettersi di mancare in questa caratteristica. Così come avvenne con il Chievo. Ricerca di automatismi e convinzioni talvolta persino esasperata, con la conferma di un blocco che aveva sì ben (anzi, benissimo) fatto nelle precedenti partite, ma che forse era arrivata in Calabria non al top di testa e soprattutto di gambe. Turnover zero che stavolta non ha pagato, anzi. Del resto, senza Thereau (uomo-chiave per gli schemi di Pioli) e con alcuni giocatori che non girano al massimo (Veretout, Badelj, Simeone, Astori), la Fiorentina fa una fatica tremenda.
Non può essere diversamente, se solo tredici giocatori nel mese di ottobre (e in particolare nelle ultime 4 gare) hanno giocato almeno metà delle partite, e altri 10 (esclusi i portieri di riserva) sono rimasti praticamente sempre a guardare o hanno racimolato qualche minuto qua e là. Segno che le alternative non sono all’altezza dei titolari, che mancano riserve adeguate se qualcuno ha un infortunio o è fuori forma. Magari è un percorso di crescita, nella ricerca di un gruppo che possa essere più uniforme (Vitor Hugo, Maxi Olivera, Cristoforo, Sanchez ed in parte Gaspar non danno evidentemente garanzie), in attesa della maturazione dei giovani (da Milenkovic a Zekhnini, da Hagi a Lo Faso, pochissimo spazio per i giovanissimi). E magari è anche un problema derivante dal mercato, con punti interrogativi (diversi) che rimangono dopo un paio di mesi di lavori.
Fatto sta che chi entra a partita in corso, poche volte decide o svolta le partite. “Non è importante quanti minuti si gioca, ma la qualità di come si gioca”, ha ripetuto spesso Pioli. Contro il Crotone Maxi Olivera, Gil Dias e Babacar hanno dato poco o nulla nella già compromessa situazione calabrese, così come nelle altre partite in cui la Fiorentina doveva rincorrere. Basta ricordare le sfide contro Chievo, Juve, Atalanta (quando pure la Fiorentina stava vincendo, ma i subentrati Babacar ed Eysseric avevano sprecato ottime occasioni in contropiede). Le sostituzioni hanno inciso solo contro Samp, Benevento e Torino, spesso con la Fiorentina in controllo del match. Ovviamente non può bastare.

Di
Marco Pecorini