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Rassegna Stampa

L’avviso di Ceferin ai club e agli agenti: “Mercato folle ma la Uefa vigila: chi sgarra paga”

Ceferin - UEFA

«I club conoscono le regole del fair play, altrimenti gliele ricorderemo noi. Non importano dimensione e storia: se non le rispetteranno ne subiranno le conseguenze». Aleksander Ceferin, da quasi un anno presidente Uefa, è esplicito. «Non faccio nomi di club, il principio riguarda tutti e non soltanto per il fair play». Sembra un avviso a non esagerare a chi sta agendo oltre le proprie possibilità, mettendo a rischio la stabilità di un sistema che, col fair play, in 5 anni è passato da un deficit di 1,7 miliardi di euro a 286 milioni. «Ma ora serve un adeguamento», aggiunge.

Quindi ha ragione Cristiano Ronaldo quando dice che fuori dal campo stanno succedendo cose folli?
«Cose abbastanza folli, sì. I prezzi dei trasferimenti si sono moltiplicati incredibilmente. Ma è il mercato».

Ci sarà mai un limite?
«Non esistono business senza limiti. Noi siamo contenti del prodotto calcio, che è fantastico, aumenta i ricavi e distribuisce utili. Il problema vero sono i soldi che escono dal sistema».

Intende le percentuali per gli agenti?
«Esatto. Sono troppo alte. Siamo ottimisti: tutti gli sport hanno problemi».

Quello dell’Uefa è oggi il Psg?
«Nessun nome. Spero soltanto che tutti i club abbiano capito le regole. Però gli scenari cambiano e dobbiamo adattarci anche noi. Il passaggio record di Zidane dalla Juve al Real, in fondo, vale quello di Neymar oggi. Serve qualche accorgimento: quello che succede può essere un’occasione. Avremo bisogno della Fifa».

Ma un Paese può comprare un giocatore al posto di un club?
«Naturalmente no. Ma nessun giudizio preventivo: aspettiamo la fine del mercato».

Non crede che in passato la Uefa sia stata troppo soft?
(lo sguardo è un sì esplicito, ndr) «Non commento il passato, ma se l’Uefa segue le regole devono farlo anche i club. Non ce l’abbiamo con loro, parliamo, li avvisiamo, ma poi ci sono le sanzioni fino all’esclusione dai tornei».

Come può cambiare il fair play?
«Platini e Rummenigge erano andati alla Commissione Ue per chiedere del salary cap: impossibile, gli avevano risposto. Credo che i politici siano spesso negativi per ragioni elettorali. Ora andremo noi a Bruxelles. Sul tavolo ci sono salary cap, luxury tax e non solo: penso a limiti ai prestiti, perché un club non può prestare trentenni se non per controllare il mercato, e perché ci sono società che hanno più di 100 giocatori sotto contratto. La prima è un’italiana. Qualcosa faremo anche senza l’Ue. Non potremo avere il consenso di tutti, ma grande sostegno sì».

Il prossimo presidente Eca può essere Andrea Agnelli: cosa ne pensa?
«Andrea mi piace molto come persona e professionalmente. Giovane, istruito, competente. Non lo considero un collega ma un amico. Mi piace gente dalle larghe vedute: possiamo non essere sempre d’accordo, ma con lui si trova sempre una soluzione».

Nel 2018 nascerà la nuova Champions. Lei non sembrava entusiasta…
«Avevo criticato che le federazioni l’avessero scoperta dai media, non il contenuto. L’importante che tutti possano partecipare. Poi siamo realisti: i cinque grandi Paesi portano l’86% del fatturato e ricevono il 60%. La prossima Champions ridurrà i posti per le piccole, ma ai piccoli andranno più soldi».

E lo spettro di una Superlega?
«Non ci credo, non sarebbe interessante e penso che le “minacce” ricorrenti non siano serie. Ma teniamo conto di chi porta ricavi».

Già si parla di Champions 2021-24: come può migliorare il torneo?
«Mantenendo gli stessi criteri d’accesso. I club non potranno essere di meno. Si parlerà di distribuzione dei ricavi».

Intanto chi ci ha guadagnato di più è l’Italia…
«Sì, perché era tra le prime quattro del ranking. Gli italiani sono bravi, professionali, competenti e storicamente hanno grandi capacità diplomatiche nel mondo».

Le favorite?
«I soliti sospetti: Real, Bayern, Juve, Psg, le inglesi, l’Atletico che ha perso due finali. Come la Juve. A Cardiff sono rimasto male per Buffon: merita l’unica coppa che manca alla sua grande carriera».

E se il Real Madrid vincesse la Champions per la terza volta sarebbe un bene?
«Sarebbe un bene che vincesse chi lo merita».

Euro 2020 in giro per l’Europa: cosa ne pensa?
«Una manifestazione bella e simbolica, ma non facile pensando che neppure tutti i Paesi hanno l’Euro. Non sarà facile ripeterla».

E per il 2024?
«Sarà una sfida tra due grandi Paesi di calcio: Turchia e Germania».

L’addio di Platini, l’arresto di Villar: dispiaciuto?
«Soprattutto umanamente. Michel è stato un bravo presidente e Villar, anche se non un mio elettore, è sempre stato simpatico».

Cosa pensa dei certificati medici durante le trattative?
«Non è bello e sta succedendo troppo spesso. A volte dovremo proteggere i club e non i giocatori».

Preoccupato dalla violenza negli stadi?
«La sicurezza è una questione chiave, ma ci pensano i governi. Mi spaventa di più il terrorismo: noi possiamo pensare allo stadio, non alle città. Abbiamo creato un’unità di sicurezza che dialoga con la polizia, ma l’Europa non è sicura di questi tempi».

Lei è nato a Lubiana dove studiava la first lady Melania Trump e non passava inosservata: la conosceva?
«Non personalmente, ha tre anni di meno, ma alcuni amici sì».

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